SOMMARIO Quinto Romano, chiamato così perché distante 5 miglia romane dal centro di Milano, è collocato in zona strategica. Era già Comune nel XIII secolo e 100 anni prima fu sede di una battaglia contro il Barbarossa, condotta con originali carri dotati di falci, purtroppo nessuno la ricorda più. Il borgo era tra i più pregevoli del circondario milanese, oggi molto manomesso ma ancora apprezzabile. Anche grazie alla chiesa moderna che, una volta tanto, ha ben sostituito quella storica…
di Paolo Gugliada. Ricerche storiche di Gabriele Pagani
Per raggiungere questo antico borgo – uscendo dalla città – si percorre la Via Novara, circa mezzo Km dopo lo stadio di San Siro, si imbocca a sinistra la via Caldera. Questa arteria, dopo qualche centinaio di metri, ci porta a Quinto Romano situato tra la periferia di Milano e quella di Settimo Milanese. L’antica strada romana che collegava Quinto a Quarto Cagnino e a Settimo Milanese non esiste più. Questi toponimi contrassegnavano anticamente le miglia delle strade consolari. In un documento del 3 novembre 1300 Quinto Romano risultava già comune dotato di una propria autonomia, con un console che presiedeva alla vita amministrativa del borgo. Sempre in quel periodo, a Quinto sorgeva una chiesa dedicata a S. Nazaro, amministrata dalla pieve di Trenno. Inoltre, il nome di Quinto compare negli Statuti come:”Locho da Quinto Romano, dove deve partecipare alla manutenzione della strata da Sancto Petro a l’Olmo per un tratto di 57 braccia”. Quasi un secolo prima, il nome di Quinto compare in uno dei pochissimi documenti del periodo conservati e pervenuti fino a noi: il 23 febbraio 1211 “…la badessa Vittoria – del Monastero di S. Maurizio, o Maggiore, di Milano, proprietario dei terreni e fabbricati – affidò ad Alberto de Muzano, già abitante a Quinto, un masserizio.”
La battaglia con armi rotanti e Carroccio
In realtà, la località di Quinto Romano compare nelle testimonianze del tempo già nel XII secolo, nel 1160, in un periodo carico di tensioni tra Milano e l’imperatore Federico detto il Barbarossa. Proprio a Quinto si fronteggiarono le truppe dell’imperatore e quelle della città lombarda. La soldatesca dell’imperatore si accingeva a distruggere la cintura milanese, ma l’avamposto della città uscì dalle mura per fronteggiare l’esercito di Federico e pose le basi a Quinto. L’evento venne così descritto dagli storici:
”..verso la metà di maggio gl’imperiali entrarono nel milanese per dare il guasto a tutte le biade, ai legumi ed al lino e cominciando da Medillio si portarono fino a Vertemate, vennero a Vairano, o Verano, a Briosco, a Legnano, a Nerviano e Polliano, fino a Venzago ed a Ro. I milanesi, vedendo che si avvicinavano i nemici, l’ultimo giorno di maggio, ricevuto il sagramento della penitenza, uscirono dalla città, e si unirono con duecento militi piacentini, ch’eran venuti in loro soccorso fino a San Romano ed a Quinto. Con questo rinforzo i nostri si mossero baldanzosamente per andare ad attaccar gl’imperiali, conducendo seco loro il Carroccio e cento carrette, che avea formate il loro famoso ingegnere Guintellino, o Quintellino. Queste carrette erano circondate in giro da taglientissime falci; talchè mi sembravano molto simili ai carri falcati de’ Romani. Nella prima schiera dunque avevano collocato i Milanesi le descritte carrette; nella seconda il carroccio con l’infanteria e i saettatori; nella terza i militi co’ vessilli e le altre insegne; e nella quarta le truppe alleate de’ Piacentini. Con quest’ordine marciò l’esercito alla volta de’ nemici”.
Ne esce un quadro fosco con al centro il piccolo villaggio che vide, da una parte la sistematica distruzione della campagna, ormai approssimatasi fino alle coltivazioni della vicina Rho e, dall’altra, le truppe milanesi con questa nuova arma, rotante, nonché il carroccio simbolo di una resistenza che accompagnerà Milano per molti decenni.
Sei secoli dopo, durante l’inchiesta austriaca del 1751 per la definizione dei catasti, il Comune di Quinto Romano risultava avere un apparato amministrativo costituito da un console, un cancelliere (residente come spesso accadeva a Milano) un esattore. La popolazione del borgo era di 91 abitanti. Nel novembre 1809, con l’amministrazione francese il comune venne soppresso e Quinto Romano, con le frazioni Caldera, Cassina del Maino e Malpaga venne aggregato al comune di Figino. Nel 1816, con il ritorno degli austriaci, il comune di Quinto Romano venne ricostituito e alcuni decenni dopo, nel 1853 la popolazione ammontava a 528 abitanti. Alla costituzione del Regno d’Italia nel 1861, la popolazione del borgo era costituita da 716 abitanti. Nel 1869 il comune di Quinto Romano veniva definitivamente soppresso ed aggregato al comune di Trenno.
La leggenda della galleria sotterranea
Secondo una leggenda la Cascina Caldera, in Via Caldera, attigua al vasto Parco delle Cave, era collegata alla Cascina San Romano (sede di Bosco in città, poco lontane dalle attuali vie S. Romanello-Novara) da una galleria sotterranea. Qualche anno fa un anziano ricordava: ”…la cascina aveva un tunnel che attraversava le campagne antistanti, nessuno ha provato ad attraversarlo recentemente, ma da quanto ricordo io, si andava avanti per alcune decine di metri, poi col tempo sarà franato.”
La storia tormentata della chiesa
di Roberto Schena
Come accennato sopra, già nel secolo XIII sorgeva a Quinto una chiesa dedicata a S. Nazaro e Celso. La chiesetta si trovava in via Caio Mario, dove oggi al suo posto c’è uno stabile porticato. Nel 1609, in seguito alla fondazione di un beneficio dei ss. Nazzaro e Celso, mediante una donazione, venne creato un convento annesso alla stessa istituzione. Nel secolo successivo il convento non esisteva più e la chiesa fu interamente ricostruita; servì i fedeli fino al 1963.
La chiesa dei SS. Nazaro e Celso era stata eretta a dignità di Parrocchia nel 1887 dall’Arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, smembrando il territorio dalla pieve di Trenno. La chiesa era molto piccola, poco più che un oratorio; già nei primi decenni del XX secolo, a causa dell’aumento della popolazione, non riusciva più a contenere i fedeli nelle occasioni liturgiche importanti. Ciò nonostante, nel 1924 la chiesa parrocchiale fu ulteriormente elevata di dignità divenendo prepositura con un prevosto tutto suo (decreto 12 gennaio 1924 dell’Arcivescovo Eugenio Tosi). Le celebrazioni con il card. Ildefonso Schuster in visita a Quinto Romano nel 1933 dovettero avvenire all’esterno della chiesa. Si pose seriamente il problema di un suo allargamento, cosa avvenuta nel 1943, tuttavia con risultati architettonici molto modesti. L’allargamento incluse una nuova cappella pensata dal parroco Giovanni Annovazzi qualche anno prima a imitazione della grotta di Lourdes, dove nel 1858 sarebbe apparsa la Madonna. La cappelletta fu effettivamente realizzata nel 1936 davanti al sagrato. Sappiamo poco di questa particolare scelta devozionale, tuttavia è interessante il fatto che la sua costruzione fu affidata dal parroco a un gruppo di muratori privi di lavoro perché si rifiutavano di iscriversi al partito fascista. A guidare l’impresa il signor Rinaldo Bosotti. Sotto la grotta era collocata una cripta con alcune ossa, e una scritta: Gloriam praecedit humilitas, tutto già segnalato dal cardinale Federico Borromeo quando nel XVII secolo visitò Quinto Romano.
Negli anni Sessanta la chiesa ampliata fu abbattuta, ne venne eretta una nuova a pochi passi, terminata nel 1958 su progetto di Amos Edallo, molto apprezzato come progettista di edifici religiosi, c’è un’altra chiesa a Milano progettata da lui, a Vialba. Edallo era stato allievo di Giovanni Muzio, progettista fra le altre cose della non lontana chiesa di San Giovanni Battista alla Creta, tutti edifici connotati da una forte senso della modernità ed elementi in comune. L’interno della chiesa nuova di Quinto Romano è giustamente ritenuto un capolavoro, eccellente esempio del rinnovamento giovanneo. Contestualmente, davanti alla piazza della nuova chiesa fu ricostruita la cappelletta ispirata alla grotta di Lourdes. In seguito alla revisione territoriale della diocesi del 1971, la parrocchia vide mutare la dedicazione della nuova chiesa, non più a Nazaro e Celso, martiri cristiani di Milano nel 76 a. C. che nessuno conosceva in quel quartiere ormai popolato di immigrati da altre Regioni, ma alla Madonna della Divina Provvidenza, oggi il monumento più importante di Quinto Romano
Il terreno della chiesa medievale fu successivamente venduto dalla proprietà ecclesiastica a una cooperativa edilizia; per realizzare il progetto del quale abbatté la torre medievale appartenente alla Curt del Cazzaniga, collocata nella stessa via della chiesa abbattuta, in via Caio Mario. Oggi tutto lo spazio è occupato da uno stabile porticato. Spariva così il nucleo storico più antico e significativo di Quinto Romano.
Quinto Romano oggi
Secondo un Autore, invece, “Quinto Romano non è solo uno dei borghi più belli, è anche uno dei più strategici. Si trova infatti al centro delle quattro fondamentali realtà ecologiche che caratterizzano fortemente l’intera parentesi Ovest del Comune milanese: luoghi noti come parco delle Cave, Bosco in città, Parco Sud e parco di Trenno, polmoni di verde tra le più vaste e particolari realtà ambientali della metropoli, tutti con un’amministrazione preposta a governarli. Solo Quinto Romano non ce l’ha, e si vede nella scarsa cura di quello che, nonostante alcune demolizioni scriteriate, è pur sempre uno dei borghi meglio conservati di Milano”.
Edifici tutelati
Col provvedimento 27 – 11 – 1963, al mappale 1568 – parte 1564 è stata tutelata la casa con giardino, in via Gaetano Airaghi, ai sensi della Parte seconda del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano.