SOMMARIO Nel quartiere reso famoso da una canzone di Walter Valdi e Enzo Jannacci si trova un autentico tesoro d’arte: la chiesetta situata sulla piazzetta centrale del borgo dell’Ortica. Il quasi millenario edificio, dedicato ai Santi Faustino e Giovita, è anche noto come Santuario della Madonna delle Grazie all’Ortica. È incredibile come un edificio così piccolo, un tempo situato in piena campagna, possa trovarsi una simile concentrazione di beni artistici. Sulla stessa piazza si affaccia la cosiddetta stazione Ferdinandea, un regalo del 1906
di Riccardo Tammaro e Roberto Visigalli
Il nome pare derivi banalmente da “orto” (e anche dal nome della nota pianta urticante). Se ne ha traccia per la prima volta nel 1696 in un atto del monastero di Santa Redegonda, custodito nell’archivio di Stato, relativo a una trattativa tra il conte Abate Cesare Gorani e il Monastero stesso. Ciò non toglie che l’Ortica sia un borgo nato dipendente da Cavriano (vedi la pagina QUI) e poi in un certo senso staccatosi nettamente. Il primo nucleo si sviluppò attorno al 1162, quando ospitò i milanesi di Porta Orientale, cacciati dal Barbarossa.
I Gorani erano peraltro proprietari anche del vicino borgo di Cavriano. Oggi, i monumenti storici principali dell’Ortica sono due: il Santuario e la cosiddetta stazione Ferdinandea. Ambedue si trovano nella stessa piazza, purtroppo priva di un nome. Ma procediamo in ordine cronologico.
Il quasi millenario edificio religioso, dedicato ai Santi Faustino e Giovita, è anche noto come Santuario della Madonna delle Grazie all’Ortica. L’origine si può far risalire ai primi anni dopo il Mille, in occasione dell’espansione benedettina sul territorio circostante. Secondo le poche notizie pervenute si trattava di una chiesa stazionale, in cui si celebravano alcune cerimonie liturgiche chiamate appunto stationes, inteso come “luogo per fermarsi”. Non va dimenticato che il posto si trova sull’antica strada consolare romana diretta ad Aquileia passando per Brescia.
La chiesa risale al 1190, per quanto l’edificio attualmente visibile sia stato costruito nel 1519 e abbia dovuto subire un paziente restauro dopo i danneggiamenti della seconda guerra mondiale. Il campanile, invece, è quattrocentesco.
Nel 1190 essa era denominata San Faustino di Cavriano; in effetti, questa chiesa è sempre stata molto cara agli abitanti di Cavriano, borgo sito poche centinaia di metri a sud lungo l’omonima via, i quali hanno sempre gravitato su di essa in quanto era (ed è) di gran lunga la più vicina alle loro cascine, molte delle quali si sono conservate fino ai nostri giorni. Pare poi che la chiesa sia stata collegata in passato con un monastero sito di fronte alla cascina Cavriano e alla chiesa di cascina Sant’Ambrogio (di cui oggi si conserva solo l’abside), mediante un passaggio sotterraneo.
Per quanto riguarda l’origine della chiesa, quando avvenne la distruzione di Milano nel 1162 ad opera di Federico Barbarossa, i milanesi di Porta Nuova e di Porta Orientale vennero esiliati tra i borghi circostanti di Lambrate e Cavriano, dove appunto sorgeva la cappella stazionaria di San Faustino.
Si tramanda che la loro speranza di tornare in città si fece preghiera e nel 1182 chiesero l’intercessione della Madonna dedicandole un semplice graffito; in effetti l’anno seguente, con la pace di Costanza, Federico Barbarossa riconobbe l’autonomia comunale di Milano e il diritto al ritorno dei milanesi in città, e così gli abitanti decisero di ringraziare la Vergine Maria facendo dipingere, sopra il graffito, un affresco, denominato “Madonna delle Grazie”.
Altre informazioni sulla chiesa riportano che una consacrazione del tempio (o forse una riconsacrazione) pare sia avvenuta nel 1370, mentre un’altra documentata è del 28 agosto 1519, ad opera di Monsignor Francesco Landino, vescovo di Lodi, per incarico dell’allora Arcivescovo di Milano Cardinal Ippolito d’Este. La chiesa fu in seguito visitata da numerosi personaggi illustri: nel 1573, qui si recò San Carlo Borromeo, mentre nel 1610 vi venne il cardinale Federico Borromeo, ed infine nel 1753 il cardinale arcivescovo di Milano, Giuseppe Pozzobonelli, venne anch’egli alla chiesina. In seguito conobbe però anni di degrado e trascuratezza, al punto da essere adibita, nel corso del ventesimo secolo, a deposito.
Fu solo nel 1964 che essa venne elevata al rango di chiesa parrocchiale, con la dedicazione al Santissimo Nome di Maria, ad opera dell’arcivescovo Giovanni Colombo, e lo rimase fino al 1993, quando si realizzò il nuovo Centro parrocchiale in Via Pitteri, attiguo alla Chiesa dei Martinitt. In tale circostanza, la Chiesa parrocchiale fu trasferita dal Santuario alla Chiesa dei Martinitt, concessa in comodato dal Pio Albergo Trivulzio alla Parrocchia. Nel 1987 infine la chiesetta fu eretta a Santuario Mariano dal Cardinale Carlo Maria Martini.
Più sotto, ci occuperemo della sua notevole dotazione artistica, ulteriormente arricchita dai recenti ritrovamenti.
La stazione del 1906 chiamata “Ferdinandea”
Quando nel 1906 venne inaugurata la cosiddetta Stazione Ferdinandea, la situazione del borgo cambiò totalmente: Cavriano rimase un borgo agricolo mentre l’Ortica con le sue botteghe e i suoi negozi, nonché la maggiore vicinanza a Lambrate si sviluppò come proseguimento di Lambrate e della moderna città industriale. “Ferdinandea” perché la stazioncina fu costruita sul tratto di ferrovia passante per Lambrate e l’Ortica, risalente alla linea ferroviaria Milano-Venezia progettata negli anni 40 dell’Ottocento, durante la dominazione austriaca, regnante l’imperatore Ferdinando. Per percorrere l’intero tratto in treno occorrerà attendere fino al 1857.
Il quartiere era abitato da lavoratori impiegati nelle vicinanze presso la Ascari, in via Corelli, rilevata nel 1939 dalla Richard Ginori, oltre all’Innocenti e alla Faema a Lambrate. La stazione è chiamata Ferdinandea perché fu eretta come detto, nel 1906, ma sulla linea ferroviaria Milano-Venezia, costruita nel 1847 ancora quando gli austriaci dominavano nel Lombardo-Veneto e governava l’imperatore Ferdinando I d’Asburgo-Lorena. Rimase attiva fino al 1931, sostituita dall’attuale stazione di Lambrate. Oggi è sede del dopolavoro ferroviario, dopo che per decenni ospitò (e ancora ospita in parte) una ben nota balera.
L’Ortica, nonostante l’aspetto moderno, rimase tuttavia a suo modo un borgo a parte perché isolato da strade e ferrovia, dove i cantanti dialettali e non solo, si trovavano spesso in compagnia all’antica trattoria del Gatto Nero, ora non più esistente. Le sue strade lo caratterizzano come “il borgo dei murales” di OrMe (Ortica Memoria), un progetto che ha coinvolto, oltre agli artisti, il Comune e le scuole del quartiere, e che ripercorre la storia del ’900 sui muri delle vie.
La dotazione artistica del piccolo santuario
La chiesetta di San Faustino e Giomita merita senz’altro una visita, innanzi tutto per l’estremo senso di raccoglimento che si prova entrando nell’unica, piccola, navata.
Una volta entrati, si puo’ notare come la chiesa, all’interno, nasconda elementi di valore artistico e storico, quali ad esempio l’affresco nella cappella sinistra, risalente al XII o XIII secolo, che ricopriva un graffito risalente all’epoca del Barbarossa, che qui aveva deportato i milanesi delle Porte Nuova e Orientale, il quale è ora riprodotto su un vicino pannello; oppure le tele e gli stucchi della cappella di San Giuseppe (dirimpetto alla precedente); o ancora le velette e i riquadri della volta.
La chiesa risale come detto al 1190, ma l’edificio attuale è del 1519, ed ha necessitato di un restauro dopo i danneggiamenti della seconda guerra mondiale; il campanile, invece, e’ quattrocentesco.
Dal punto di vista artistico, la costruzione presenta una facciata intonacata priva di decorazioni, con un’unica porta di accesso sovrastata da una finestra monofora; il tetto è a capanna e sul lato sinistro si eleva il quattrocentesco campanile. Ai lati del corpo centrale sporgono due ali più basse: a destra una cappella (di San Giuseppe), seguita dallo spazio da poco adibito a sacrestia; a sinistra un’altra cappella (della Madonna delle Grazie) e la ex-sagrestia, dove sono stati recentemente riportati alla luce numerosi affreschi.
L’interno ha una sola navata coperta da una volta a botte divisa con vele, lunette e riquadri affrescati di gusto manieristico e barocco, e quindi probabilmente attribuibili al XIX secolo. Dopo il recente restauro, la chiesa appare interamente decorata anche sulle pareti della navata, con affreschi cinquecenteschi di scuola leonardesca, l’autore potebbe essere identificato con il Maestro dei Santi Cosma e Damiano, che li avrebbe realizzati attorno al 1520.
In particolare, alla destra della Cappella dedicata alla Madonna delle Grazie è venuto alla luce un dipinto raffigurante una Madonna con Bambino tra San Sebastiano e San Rocco, mentre sulla parete opposta domina l’affresco struggente di Cristo che porta la croce, al quale si contrappone la sottostante (e già visibile) raffigurazione a mezzo busto di Cristo con le mani incrociate, frammento di alta qualità pittorica, probabilmente risalente ai primi anni del Cinquecento e noto anche come “Ecce Homo”.
Sono infine nuovamente leggibili le interessanti decorazioni del cornicione di imposta della nuova volta a crociera e le figure rinvenute nel sottarco che divide l’aula dal presbiterio. La cappella di destra è dedicata a San Giuseppe, ed è arricchita da eleganti stucchi e da tele di valore, e risale al periodo dopo la peste del 1630. Sopra l’altare la pala raffigurante il Santo con il Bambino Gesù è del ‘700, e le altre tele ai lati, più antiche e databili al ‘600, raffigurano la fuga in Egitto e il sogno di San Giuseppe. Nella cappella di sinistra, che si trova dirimpetto alla precedente, ed è dedicata alla Madonna delle Grazie, si trova l’affresco duecentesco di cui abbiamo detto; sotto di esso, con una struttura a libro che consente la visione di entrambi, si trova il graffito (scoperto nel 1979) che contiene la preghiera originaria e risalente al 1182.
L’affresco rappresenta l’immagine della Beata Vergine con il Bambino in braccio benedicente; la posizione frontale e l’impianto bidimensionale sono i tratti di uno stile romanico-bizantino. Il graffito invece spiega il motivo della preghiera ed è firmato da un certo “Silanus”, forse il monaco ivi presente quel 12 aprile 1182, come indicato nell’iscrizione.
Degna di nota è poi la ex-sagrestia, di cui era noto il soffitto affrescato con girali fioriti in stile rinascimentale di scuola leonardesca, e dove sono stati recentemente scoperti affreschi su tutte le pareti. In particolare, il rinvenimento della porzione di affresco rappresentante l’Assunzione di Maria ha ulteriormente arricchito l’andito, già impreziosito dalla pregevole fattura delle raffigurazioni e decorazioni presenti nella doppia volta a padiglione lunettato. La composizione, divisa in tre parti di pari ampiezza a quelle delle lunette sovrastanti, è racchiusa alle due estremità da due gruppi di apostoli, di cui quello di destra nuovamente visibile a seguito della demolizione di una porzione del muro aggiunto nel XVII secolo per realizzare la cappella dedicata alla Madonna delle Grazie.
Il presbiterio presenta poi una pavimentazione in lastre di marmo botticino e la rinnovata volta a crociera contribuisce ad esaltare la centralità della Mensa eucaristica, ridandole nel contempo un più ampio respiro visivo. Nell’abside infine si trova un ottocentesco gruppo ligneo colorato, pregevole Madonna del Rosario che rappresenta la Vergine incoronata col Bambino in braccio, di autore ignoto.