SOMMARIO La cosa curiosa di questa chiesetta di mille anni è che si tratta forse della costruzione più antica di Milano, almeno tra quelle poche rimaste integre, a fronte del quartiere in cui si trova, il Lorenteggio, dove ha pesato l’eliminazione scriteriata di tutte le sue cascine trasformate in ville. Insomma, la “geseta” è la sola testimonianza storica rimasta (visitabile) nell’ex borgo che ha dato il nome al quartiere, ma è la più antica della città. Oggi è un grande simbolo: la popolazione ha seriamente lottato per tenersela, contrastando un’idea fanatica di progresso impegnata ad abbattere. Invece, come spartitraffico è indovinato: punto imprescindibile di identificazione del Lorenteggio, fa da porta urbana, saluta tutti coloro che vi entrano o escono
di Paola Barsocchi
L’Oratorio di San Protaso al Lorenteggio ha quattro peculiarità:
- è la costruzione più antica del quartiere e forse di Milano,
- è una delle due chiese milanesi senza campane,
- è la più piccola chiesa di Milano
- sorge nello spartitraffico di una trafficata strada.
È conosciuto anche come la “Gesa di lusert” (chiesa delle lucertole) per una poesia in milanese dedicatagli decenni fa dall’attore milanese Piero Mazzarella (leggila qui in fondo al testo nella nota 1).
Sono così remote le sue origini e così numerosi gli eventi a cui la nostra chiesetta potrebbe aver assistito nel corso della sua vita millenaria, che è difficile discernere tra “storia e leggenda”. E allora perché non credere che il Barbarossa abbia pregato veramente al suo interno o che Federico Confalonieri si incontrasse qui con i Carbonari per cospirare contro gli Austriaci. Altri personaggi famosi sono legati, en passant, a questa piccola cappella e alla vicina cascina monastero, come la Contessa della Guastalla o il grande Leonardo da Vinci. L’Oratorio è dedicato a San Protaso, VIII vescovo di Milano (328–344), sepolto nella basilica di San Vittore. La Chiesa lo ricorda il 24 novembre.
Non vi sono documenti ufficiali riguardo la data di costruzione dell’oratorio, ma fu sicuramente voluto dai Monaci Benedettini di San Vittore e sorse nel territorio di quello che dal 1782 fu chiamato Comune dei Corpi Santi. Era annesso alla omonima cascina-monastero San Protaso costruita al di là della strada e serviva al culto dei contadini della zona.
Ha la tipica struttura medievale, in stile romanico-lombardo: tetto a capanna e soffitto a cassettoni, porta ad architrave e piccole finestre ai lati. Non è in linea con la strada attuale, ma lo era forse con la strada medievale che partiva dalle mura della città all’altezza della Pusterla di Sant’Ambrogio. Sorgerebbe sui resti di un tempio pagano dedicato a Giove, di cui conserva due pietre ai lati.
E’ sicuramente in linea col solstizio d’estate, come si usava un tempo. L’interno è impreziosito da affreschi di varie epoche: iniziamo con quella medievale presente nella parte bassa dell’abside, coevo o di poco posteriore alla edificazione, che ci dà quindi una data in cui collocare la costruzione. Si tratta di un “velario” tipico dell’XI-XII secolo. Questi affreschi ritraevano spesso scene di caccia, qui si intravvede un leone, ma in realtà indicavano qualcosa di “nascosto”, una cripta, un reliquiario o, come nel caso di San Protaso, un cunicolo.
il cunicolo
In effetti, da sotto l’altare, grazie a una botola si poteva accedere a un cunicolo segreto. Varie le ipotesi su dove conducesse: al Castello Sforzesco? Alla Pusterla di Sant’Ambrogio? Probabilmente univa semplicemente la cappella all’attigua cascina monastero dei Benedettini. Ad avvalorare quest’ultima ipotesi è Tito Samorè, noto ingegnere e speleologo subacqueo che, tra le altre cose, alla fine anni ’70 segnalò l’abbassamento della falda acquifera sotto il Duomo, per cui al fine moderare le vibrazioni si dovette ridurre il traffico automobilistico e in particolare i mezzi pubblici circolanti nelle adiacenze della cattedrale. Ebbene, Samorè, che abitava in zona, ha raccontato che da ragazzino, quando la chiesina era dismessa dal culto e in stato di abbandono, andava con gli amici a fare la “prova di coraggio”: scendevano uno alla volta nel cunicolo con un moccolo di candela e un segno da lasciare nel punto fin dove avevano il coraggio di arrivare: una foglia, un rametto o un sasso. Chi scendeva dopo doveva quantomeno riportare il segno del compagno che lo aveva preceduto e proseguire per lasciare il proprio.
Il cunicolo era angusto e nessuno, ha confessato Samorè, è mai arrivato alla fine per scoprire dove conducesse.
Fu chiuso negli anni ’60 in occasione di un restauro, senza lasciare testimonianze scritte da parte delle maestranze che hanno eseguito i lavori, tantomeno fotografie.
i dipinti
Sempre nella zona absidale, nella parte alta, è presente un affresco di epoca barocca che ritrae una Madonna in trono, conosciuta come “Madonna del Divino Aiuto”. La Vergine è attorniata da santi: a sinistra San Vittore, a destra San Bernardo Tolomei, fondatore dei Monaci Olivetani (subentrati ai Benedettini) e inginocchiata Santa Francesca Romana, fondatrice delle Oblate Benedettine.
Altri affreschi sono presenti sulla parete di sinistra databili intorno al XVI e XV secolo, uno ritrae Santa Caterina da Siena mentre l’altro, alquanto ammalorato a causa dell’apertura in quella parete di una finestra; è attribuito alla scuola degli Zavattari, attiva nel XV secolo e presenti a Milano durante la costruzione del Duomo. Ritrae una crocifissione e dai pochi lacerti rimasti una Madonna in trono. La finestra è poi stata richiusa, ne resta ancora visibile il voltino sulla parete esterna.
Le “resistenze” all’abbattimento
L’oratorio di San Protaso ha rischiato più volte l’abbattimento nel corso dei secoli: la prima volta per mano del Barbarossa nel 1162, come narra questa poesia di Paola Barsocchi:
El Barbarossa a l’Oratòri de San Protas al Lorenteg
El riva el Barbarossa!
Ma chi … l’imperador?
Sì l’è pròppi quell lì!
Allora hinn dolor …
Scappii gente, scappii!
In dove ch’el passa lù
ghe resta giò pù nient,
l’è on devastador.
M’hann tiraa su da pòcch,
ma el voeur giamò tramm giò
T’el chì, l’è vegnuu denter,
ma, s’el fa sto balòss?
El ven denter con la spada,
ma poeu el tacca a pregà
Tì vardel … in genoeugg,
el promett de risparmiamm
El varda el crocefiss
el gionta anca i man
però el domanda in cambi
… Vittòria su Milan!
In epoca Napoleonica la geseta rischiò di saltare in aria. Si narra che Napoleone quando con le sue truppe si insediò nell’attigua cascina monastero di San Protaso, fece della cappellina un uso improprio trasformandola in deposito di armi. Successivamente, i contadini che subentrarono ai monaci nella cascina, adibirono l’oratorio a fienile e deposito degli attrezzi, pensando di utilizzarla anche come abitazione. Durante i lavori di adattamento, dopo ben tre mani di calce l’immagine della Madonna usciva dalla imbiancatura sempre più viva. Da qui la decisione di riprendere il culto nella piccola chiesa.
Ancora nel secolo scorso fu proposto dal Comune l’ampliamento della Via Lorenteggio, con abbattimento dell’edificio, addirittura appositamente comprato per avviare l’esproprio. L’Oratorio fu salvato grazie all’interessamento di semplici cittadini della zona: si racconta che nonostante le proteste degli abitanti del quartiere fosse arrivata la ruspa per l’abbattimento, ma destino volle che si inceppasse il motore del grande automezzo. Ai residenti suonò quindi come ulteriore richiamo, un appiglio in più per impedirne la demolizione: “Neanche il Padreterno vuole che la abbattiate!” gridarono a gran voce.
Determinante fu l’interessamento di un altro ingegnere, Ugo Weiss, che segnalò il piccolo monumento (ormai dismesso dal culto, in stato di degrado e abbandono) alla Soprintendenza Beni Culturali, la quale ultima intimò al Comune, di mantenerlo e restaurarlo.
Negli anni ’60 vengono eseguiti sommari lavori, senza dare al millenario oratorio il decoro che meritava. Nuovamente abbandonato al degrado, in mancanza di qualcuno che se ne prendesse cura. Come recita la poesia di Piero Mazzarella riportata integralmente qui in fondo:
Nòtt e dì gh’è semper ‘vert a la gesa di lusert,
lì ghe prega la pòvera gent, senza cà, senza nient.
Oltre a pregare c’era chi vi pernottava ed era frequentato da tossicodipendenti. Erano gli anni ’80. Urgeva un intervento di recupero.
Grazie all’interessamento della ASCOLOREN – Associazione Commercianti del Lorenteggio, è stato restaurato con il contributo di Lions Club Milano Host, di istituti bancari e degli stessi cittadini del borgo, tra il 1986 e il 1987.
Terminati i lavori di restauro l’Oratorio è stato concesso in “comodato d’uso gratuito” ad Ascoloren che se ne occupa valorizzandolo, facendo conoscere la sua storia con visite guidate, organizzando al suo interno eventi culturali e musicali, mostre di pittura e fotografia in collaborazione con l’Associazione Amici della Chiesetta di San Protaso al Lorenteggio costituita da volontari del quartiere.
Di recente l’ennesimo “scampato pericolo”: il progetto per i lavori di realizzazione della Linea 4 della Metropolitana – Linea Blu, ne prevedeva, infatti, lo “smantellamento”. Soltanto il tempestivo ottenimento del “vincolo architettonico” posto dalla Soprintendenza ai Beni Culturali, e ancora una volta grazie all’interessamento degli abitanti del quartiere che non smettono di proteggere questo piccolo luogo di preghiera e di storia, è stato risparmiato dalla demolizione.
Dismesso ufficialmente come luogo sacro è da definirsi come luogo “ridotto a uso profano” , termine corretto per indicare luoghi di culto già di proprietà della Chiesa ceduti a privati o Enti, anche se spesso si usa il termine meno appropriato di “sconsacrato”. Per saperne di più sulla sua millenaria storia c’è un libro, di recente pubblicazione, dove la storia è arricchita da leggende, curiosità e poesie in milanese: “Oratorio di San Protaso al Lorenteggio La chiesina nello spartitraffico”, a cura di Paola Barsocchi
Per maggiori informazioni visitate il nostro sito: https://sites.google.com/site/sanprotasolorenteggio. Se desiderate visitarla potete contattare il cell. 3313875299
NOTE
(1) Ecco il testo della poesia di Piero Mazzarella
L’è ona gesa che gh’è in su la strada
che pòrta a Biegràss,
la gh’ha minga el sagraa e l’è fada de sass;
l’è frèggia d’inverna, coi mur che se lassen andà,
ma la cros del Signor la te manda calor.
Quand l’è primavera e in de l’aria l’è teved el sô,
cascen dent el crapin e stan lì a curiosà,
la famiglia luserta: i fiolìtt con la mamma e ’l papà
lì de sòtt de la cros preghen fòrsi anca lor.
Nòtt e dì gh’è semper ‘vert a la gesa di lusert,
lì ghe prega la pòvera gent, senza cà, senza nient.
Fàmm la grazia anca a mì, che son pòver come tì,
tì t’el see che son senza pretes,
scusom tant se hoo pregaa in milanes.
San Protaso al Lorenteggio (i video di yesmilano.com)
https://www.youtube.com/watch?v=O5s4j23jUAE