SOMMARIO San Siro prima di essere uno stadio famoso nel mondo fu un borgo importante, fondato almeno 1200 anni fa, di cui resta unicamente una chiesetta, anzi, mezza chiesa, anzi, un’abside a tre riparti con bellissimi affreschi quattrocenteschi: un’autentica “reliquia” urbana situata in via Masaccio. Quel pezzetto di chiesa dà il nome al quartiere di Milano più conosciuto, sia in città, sia all’estero. Qui possiamo vedere in una vecchia fotografia com’era il borgo antico, un monastero secolare abbattuto nel primo Novecento per far posto a una villa poi nota come Villa Triste…
di Gabriele Pagani
San Siro o, meglio, San Siro alla Vepra, identificava un insediamento antico, ora non più esistente, localizzato tra l’attuale piazzale Lotto e la chiesa di S. Pietro in Sala nei pressi di piazzale Wagner. Il villaggio sorgeva in riva alla Vepra, canale derivato in epoca romana dal fiume Olona, all’altezza di Lucernate di Rho e indirizzato al centro di Milano – piazza Vetra – dove era situato il porto, distrutto poi dai Goti nel VI secolo d.C.
In epoca posteriore, alto medioevale, abbiamo notizie più circonstanziate del luogo con un privilegio imperiale – datato 21 marzo dell’880 – dell’imperatore Carlo il Grosso che, oltre a confermare possedimenti, fa nuove donazioni al monastero di Sant’Ambrogio tra cui vi è una torre, oltre a mulino e pertinenze varie di San Siro: “…et similiter offero curticellam unam, quae nominatur sanctus Syrus a Vuevra, cum turri una inibi fondata, et molendina, et prata, cum omnibus et ediacentijs et pertinentijs” (1).
La torre doveva trovarsi tra le attuali vie Vigliani-Masaccio-piazzale Buonarroti dove vi era una cascina abbattuta qualche decennio fa, edificata su precedenti insediamenti, in un’area in cui si colloca la chiesetta tuttora denominata San Siro alla Vepra gravitante verso S. Pietro in Sala. La presenza di una torre, fuori le mura della città, una delle poche di cui si è a conoscenza fa pensare a un insediamento presso S. Siro alla Vepra di una certa consistenza. Una riprova indiretta la si ha quando, alcuni secoli dopo, a inizio marzo 1162, Milano, esausta dall’assedio e disperata, presenta la resa incondizionata con giuramento di obbedienza illimitata all’imperatore Federico I Hoenstaufen detto il Barbarossa che accoglie gli emissari e ordina che “…tutti i cittadini uscissero, che la città fosse distrutta “… fossata complanamus, muros subvertimus, turres omnes destruimus, et totam civitatem in ruinam et desolationem ponimus”, ossia: “colmati i fossati, distrutte le mura, abbattute tutte le torri e l’intera città posta in rovina e nella desolazione” (2).
La popolazione durante la terribile esecuzione fu evacuata ai quattro punti cardinali: Noceto (in burgo Noceti o burgo Porte Romane de Noxeda), Vigentino (in burgo de Veglantino), Carraria e San Siro alla Vepra. S. Siro sembra costituire quindi un insediamento di ampie dimensioni per poter accogliere così tanta parte della popolazione di Milano con i relativi beni che, se pur raccogliticci, dovevano richiedere spazi adeguati.
La chiesetta è ricca di pitture molto belle, datate XV secolo, restaurate di recente, opera di artisti lombardi. QUI qualche immagine degli affreschi. C’è un’acquasantiera formata dal coperchio capovolto di un sarcofago paleocristiano. Fino a qualche anno fa, in via Masaccio una palina reggente il cartello giallo che segnala i siti storico-artistici (vedi foto qui sotto, ma è stata divelta) contraddistingueva inequivocabilmente il sito dove scorreva la Vepra, o Olona e insisteva il borgo. Vepra e Olona sono il medesimo canale, in antico è Vepra, Vepera, Vedra ecc. nei vari documenti manoscritti per assumere progressivamente, in particolare dal Duecento in poi, l’idronimo di Ollona, Orona, Oleuda, Olona, soprattutto nella parlata desumendolo dal fiume da cui è derivato (3).
Una nuova palina in un luogo così carico di storia, con possibilità di indugiare (e visitare: le suore non rifiutano mai l’accesso) un gioiello del lombardo gotico sarebbe un gradito omaggio a milanesi e foresti. Si può tenerne conto?
Accanto alla chiesetta, la palazzina costruita in stile eclettico falso medievale, fu sede di Villa Triste, il posto dove nazisti e fascisti in varie città d’Italia torturavano a morte i partigiani. Aperta nell’agosto del 1944, fu chiusa un mese dopo (caso unico) dal governo repubblichino per le proteste dei milanesi e del cardinale Schuster.
Note
(1) ASMi, Archivio di Stato Milano, Museo Diplomatico, 142, 21 marzo 880, Pavia Preceptum.
(2) Pietro Verri, Storia di Milano, De Ferrari, Genova, 2003, p. 171.
(3) Giulini Giorgio, Memorie…II, p. 183, in Pagani G., Milano e i suoi borghi, Edlin, 2009, varie.