SOMMARIO Baggio è ancora un paesaggio da presepe, un paesaggio del cuore, è tra i borghi antichi meglio conservati di Milano. Il centro storico è delizioso, tenuto meglio rispetto ad altri di ex Comuni, è il più curato dai residenti. Questo ex Comune, aggregato a Milano nel 1923 insieme a Muggiano, era già importante nel XII secolo, quando diede i natali a un Papa e a un santo
di Giorgio Uberti
Baggio è un quartiere situato a circa otto chilometri a ovest dal centro di Milano. Alcuni indizi farebbero risalire al IV secolo dopo Cristo le prime tracce della presenza umana in questo territorio.
Grazie allo studio di alcune pergamene conservate all’archivio di Stato di Milano sappiamo che nel dicembre dell’873 fu scritta, per la prima volta, la parola Baggio (De Badaglo) come cognome di Tazone, nobile milanese. La prima testimonianza di Baggio come luogo (loco) è però da ascriversi a un’altra pergamena del 955. Entro l’anno mille sappiamo che questi territori (il cui capoluogo era Cesano Boscone) diventarono un feudo della potente famiglia dei Da Baggio i quali, nel 1061, poterono annoverare tra i propri congiunti un papa (Alessandro II) e un importante vescovo (Sant’Anselmo), consigliere spirituale di Matilde di Canossa e ora patrono di Mantova.
Probabile luogo di rifugio, come molte località del contado, dei molti milanesi in fuga durante l’assedio di Milano da parte dell’esercito dell’imperatore Federico Barbarossa nel 1161. Non a caso, a partire da quell’anno, sappiamo con certezza della presenza di una chiesa dedicata a Sant’Apollinare. Già nel 1206, a Baggio, possiamo contare ben 29 nuclei famigliari.
Nel corso dei secoli questo luogo attirò alcune congregazioni religiose che qui stabilirono le proprie domus o propri monasteri: nel XIII secolo arrivarono gli Umiliati, all’inizio del XV secolo gli Olivetani, grazie a una donazione di Balzarino Pusterla, genero di Galeazzo II Visconti, nel XVI secolo, su iniziativa di Carlo Borromeo, i Gesuiti di Brera presero il posto degli Umiliati e infine, nel 1628, la chiesa di Sant’Apollinare (ancora proprietà della famiglia Baggio) fu consacrata a parrocchia.
Con la fine del XVIII secolo gli ordini religiosi soppressi cedettero il posto a grandi famiglie aristocratiche: i Forni, i Lattuada, i Nava, i D’Adda, i Blondel e i Gianella. Nel 1869 il comune di Baggio aggregò i comuni di Muggiano e di Sella Nuova superando così i 2.400 abitanti. Fino al 1923 Baggio, che ospitava ormai 6.200 abitanti, restò un comune indipendente da Milano. Le ultime due giunte, Guido Faini e Cesare Stovani, erano espressione della locale cooperativa. Con l’avvento del fascismo fu annesso alla grande città, assieme ad altri dieci comuni, e la guerra non tardò ad arrivare.
Il boom economico degli anni Cinquanta ha influito sulla vita di quello che orami era un quartiere periferico di Milano. Quasi tutti i suoi abitanti, un tempo contadini, si recavano quotidianamente nelle fabbriche di Milano con il tram. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta a Baggio si verificò un grande cambiamento sociale con l’arrivo di famiglie di lavoratori dal meridione. Seguì una fase di grande espansione edilizia che ha visto la demolizione di alcune presenze legate al mondo rurale. Così le cascine hanno ceduto il posto ai condomini e l’asfalto ha mangiato gli ultimi sentieri in terra battuta.
Tra palazzi più o meno voluminosi, nel 1963, è sorta anche la biblioteca rionale. La presenza di questo edificio fu resa possibile grazie all’aiuto della famiglia Falk. Nello stesso periodo il Comune di Milano ha acquistato la fatiscente Cascina Monastero, sfrattando i suoi ultimi abitanti e recuperandone la struttura per scopi civici. Così Baggio, non troppo lentamente, ha cambiato fisionomia. Tra le tradizioni che tenevano ancora vivo il suo passato vi era la Sagra, che negli anni Sessanta veniva organizzata dalle numerose osterie. L’altra era il detto “va a Bagg a sonà l’òrghen” che ancora nessuno è riuscito a spiegare ma che, se non altro, ha contributo a portare Baggio oltre i suoi confini.
DA OLTRE MILLE ANNI ALL’OMBRA DI UN CAMPANILE
La neoromanica chiesa sussidiaria di Sant’Apollinare, nominata affettuosamente “chiesa vecchia”, è frutto di una ricostruzione Ottocentesca e si trova al centro del borgo di Baggio. La prima testimonianza documentata della sua antenata medievale risale al 1160. Lo storico milanese Giorgio Giulini ne ha attribuito la fondazione ad Anselmo da Baggio, diventato papa con il nome di Alessandro II nel 1061. Recenti studi hanno però messo in dubbio questa ipotesi anticipando ulteriormente la data della fondazione almeno all’anno mille.
Proprio qui, nel 1628, le famiglie baggesi, grazie all’intervento di Federico Borromeo, accettarono il contratto con la famiglia Baggio con il quale poterono erigere in questa chiesa la propria parrocchia e la possibilità di mantenere un parroco locale. Fino a quel momento la chiesa di Baggio era infatti una fondazione privata e la parrocchia di Baggio era la chiesa matrice di Cesano Boscone.
La facciata a capanna, ricostruita nel 1875 (insieme al resto della chiesa), è completata dalla vistosa presenza di un campanile, alto 27 metri, restaurato dallo Studio Formica nel 2009, la cui edificazione è stata stabilita con certezza al X secolo. Tra i mattoni utilizzati per la sua edificazione ne sono stati trovati alcuni, specialmente nella parte inferiore, risalenti al IV secolo dopo Cristo a testimoniare una probabile presenza di edifici (forse una villa extra muraria) in questo luogo già in epoca romana.
Il complesso monumentale di Sant’Apollinare è completato dalla presenza della canonica, esistente già nel 1581 e ora affidata alla cooperativa Gabbiano Servizi, che dal 1987 si occupa di disabilità. All’interno della chiesa una delle presenze più interessanti è sicuramente l’organo, protagonista del popolare detto va a Bagg a sonà l’òrghen! L’attuale strumento fu oggetto di un rimaneggiamento attuato nel 1926 da Edoardo Rossi su un organo, realizzato dal professor Polibio Fumagalli, nel 1888.
In seguito all’aumento della popolazione, dopo l’annessione del Comune di Baggio a Milano, nel 1938 vennero avviati i lavori per la costruzione di una nuova chiesa (sempre dedicata a Sant’Apollinare) che sarà consacrata da Schuster nel 1942.
IL MONASTERO DEGLI OLIVETANI
Il monastero benedettino Olivetano di Santa Maria fu fondato a Baggio nel 1400 dal nobile milanese Balzarino Pusterla, genero di Galeazzo II Visconti. La comunità monastica non ha mai numericamente superato i 36 monaci nel 1518, e i 34 nel 1576. Gli affreschi sopravvissuti e recentemente restaurati all’interno della struttura risalirebbero proprio a questo periodo.
Dal 1415 già sembra dovesse funzionare il laboratorio di miniature, testimoniato dalla presenza nel Monastero, per ben quattro anni tra il 1415 e il 1430, di Frate Lorenzo de’ Centurioni, genovese e di Frate Alessandro da Sesto, celebri calligrafi e miniaturisti. Nel 1491 si ha notizia della presenza di Frate Giovanni da Verona. Padre Domenico Airoldi da Lecco, invece fu presente nel monastero prima come novizio e successivamente come priore in tre periodi dal 1474-5, 1492 e nel 1504 poco prima di essere rieletto per la terza volta abate generale a Siena.
Tra il 1571 ed il 1576, fu abate Giovanni Battista da Milano che arricchì il Monastero di una consistente biblioteca di cui pochi manoscritti sono giunti all’Ambrosiana.
In seguito al Regio Dispaccio del 20 marzo 1769, con il quale furono soppressi i conventi con meno di 12 religiosi, questo luogo perse il suo status di monastero e nel 1775 divenne una cascina sotto la giurisdizione dell’ordine olivetano di San Vittore al Corpo di Milano. L’ultimo monaco lasciò l’edificio al termine del 1781 e da quel momento questa cascina e tutto il suo fondo agricolo, furono cedute in affitto al procuratore dell’ordine, Fermo Nava. Con Petizione 20 luglio 1798 questo luogo, e tutte le possessioni olivetane di Baggio divennero proprietà dello stesso Fermo Nava.
Fin dalle origini, presso questo monastero era presente una chiesa dedicata a Santa Maria che resterà in carico all’ordine olivetano fino alla soppressione. Dal 1601 vi è anche notizia della presenza presso questo luogo di culto di una confraternita di laici dedicata al Santissimo Rosario. Risulta però demolita, assieme ai chiostri della vita monastica entro la realizzazione delle mappe preparatorie del catasto lombardo veneto del 1855.
Nel 1953 questo luogo era sull’orlo della demolizione, così il 20 maggio 1960 fu acquistato dal Comune di Milano e i lavori di restauro si aprirono il 2 maggio 1979. Da settembre 1980 questa struttura ospiterà il Consiglio di Zona 18, poi Municipio 7 e gli uffici del relativo settore. (Per vedere gli affreschi del ‘400 clicca QUI)
DUE PASSI NEL CENTRO STORICO
Da piazza Stovani a piazza Anita Garibaldi, passando per via delle Forze Armate, via Gianella, via Ceriani e via 2 Giugno: seguendo queste vie si possono visitare i resti dell’antico borgo di Baggio.
- Il Palaziett (via Forze Armate, 410). La parte più antica di questo edificio risale alla fine del XVI secolo e fu costruita dalla famiglia Ghiglio. Nel 1632 divenne una proprietà dei Gesuiti. Nel 1786 fu ceduto alla nobile famiglia Forni e nella prima del XIX secolo fu ampliato e chiuso a corte come lo vediamo oggi.
- La Piazzetta del Moronasc (in fondo a via Antonio Ceriani). Il terreno su cui questo slargo è stato edificato era una proprietà dei monaci di Monte Oliveto Maggiore e fungeva da collegamento tra l’antico borgo e il complesso monastico. Nel 1718 l’amministrazione Olivetana decise di edificare un gruppetto di nuove case per l’affitto di famiglie contadine su quei terreni. Nacque così l’attuale piazzetta. Il leggendario gelso non arrivò con essa, infatti nel XVIII secolo questa pianta era ancora poco usata. La soppressione degli antichi ordini religiosi e la confisca delle loro proprietà portarono al trasferimento dei beni degli Olivetani di Baggio a Fermo Nava, un aristocratico milanese. Egli, nella prima metà del XIX secolo, attuò una serie di sostanziali modifiche ai terreni e ai caseggiati, tra cui la piantumazione del gelso con la definizione della piazzetta come la vediamo oggi. Con l’esplosione della fillossera nel 1880, i vigneti di Baggio morirono e i gelsi divennero i protagonisti dell’ultima fase di un mondo agricolo che ancora qualcuno, con nostalgia, ricorda.
- L’Ospizio dei padri gesuiti (edificio privato collocato lungo via Gianella 1). Questo immobile edificato nel 1725, come si legge in un’iscrizione posta sul portone d’ingresso era sede dell’ospizio dei padri gesuiti, presenti a Baggio già dal 1573. Questo ospizio poteva ospitare al massimo cinque o sei religiosi ed era dotato di cappella privata affrescata a grottesche che poteva ospitare al massimo trenta persone. Tutto l’immobile, perno del sistema di aziende agricole gesuite, venne ceduto in seguito alla soppressione dell’ordine, nel 1773 alla nobile famiglia Forni.
LE CERAMICHE PARIETALI
Il progetto denominato “le grandi ceramiche baggesi” è partito nel 2004 con la posa delle prime sei ceramiche in Via Ceriani raffiguranti cinque immagini dei racconti legati al detto “va a Bagg a sonà l’orghen”. Promotore dell’iniziativa il mensile Il diciotto. Attualmente sono visibili 37 racconti parietali che coprono una superficie pari a circa 150 metri quadrati distribuiti tra le vie del centro storico. La loro realizzazione è stata curata da importanti scuole artigiane nazionali (Lodi, Brisighella, Salerno e Caltagirone) e raffigurano episodi della storia baggese e del territorio circostante.