SOMMARIO Nel XIII secolo Figino era già una grande realtà in grado di reggere uno stanziamento armato. Nel XVII secolo si emancipò dal feudo comprandosi la libertà compiendo uno sforzo economico sovrumano. Si autogovernava grazie a un console (sindaco) eletto a pubblico incanto dall’assemblea di tutti i capi di casa. Oggi è un borgo monumentale ben conservato, tra i più graziosi di Milano, forse sarebbe meglio se fosse più protetto. Fu comune fino al 1869, quando fu aggregato a Trenno nonostante fosse da sempre più abitato.
di Gabriele Pagani
da “Milano e i suoi borghi”, di G. Pagani, capitolo Quarto, “Figino”. Ed. Edlin, 2009.
La numerazione delle note a piè pagina ha qui mantenuto quella originale del libro di Pagani
È un bellissimo, piccolo paese che ha conservato, sorprendentemente, molto dell’antico borgo alle porte di Milano. Pur stretto in modo asfittico tra alcuni grandi assi viari che scorrono a poche centinaia di metri (statale Novara-Torino, Tangenziale ovest, autostrada Milano-Torino) e in presenza di una incalzante urbanizzazione, il nucleo centrale ha preservato un’area di intimità fatta di piccole botteghe (altrove scomparse), splendidi cortili rurali sette/ottocenteschi e un ritmo di vita ancora parzialmente a misura d’uomo. È sicuramente uno dei borghi, di tutta la cintura urbana metropolitana milanese, che meglio hanno conservato e conservano – tuttora – i loro originari valori.
Il documento più antico che cita Figino, pervenuto ai giorni nostri, è del marzo 1017 e riguarda un contratto di permuta (tra presbiteri della basilica di S. Ambrogio e un certo Arioaldo di Baggio), con il quale viene ceduto un campo di una pertica (654 mq) a Figino in cambio di un altro campo sito a Trenno: “Campo pecia una quibus esse videntur in loco et fundo Feglini, qui dicitur Teculario” (66). Il paese doveva essere già molto importante: nel secolo successivo è citato come un vasto agglomerato insediativo che si articola su tre comunità, ognuna delle quali ha una chiesa, si tratta di: Figino Tavorco (chiesa di S. Materno), Figino de Erta (S. Martino), Figino Tavoredo (S. Romano) (67).
Quando era Comune autonomo
Figino fu uno dei primi Comuni lombardi. La prima notizia di tale realtà amministrativa risale infatti al 1257, più esattamente in un documento datato 14 giugno, trascritto negli “Atti del Comune di Milano” in cui Figino è citato come Comune, ed è con un console e un cancelliere (68). Tale condizione di sovranità amministrativa permane nel tempo ed è confermata alcuni secoli dopo, nel 1751, quando Vienna dispone un’inchiesta entro i confini dei propri domini. L’apparato amministrativo del Comune di Figino era costituito da un console, eletto a pubblico incanto dall’assemblea di tutti i capi di casa (al quale la comunità affidava compiti di polizia) e dai primi estimati della comunità. A un cancelliere – residente a Milano – erano delegate la compilazione dei riparti annuali e la custodia delle pubbliche scritture (69). La località in questo periodo risulta essere di una certa rilevanza, rispetto ai vicini, a giudicare dalla popolazione che, nel 1771, raggiungeva le 330 unità (70).
Con il decreto di aggregazione dei Comuni del 1809 i più piccoli Comuni di Quinto Romano e Cassina del Pero vengono soppressi e aggregati a Figino la cui popolazione raggiunge così il numero complessivo di 771 unità (71). Ma due anni dopo la legge che regolamenta gli organismi amministrativi dispone per una ulteriore concentrazione e unione dei Comuni, per cui anche Figino (con gli uniti Quinto Romano e Cassina del Pero) viene soppresso e aggregato al Comune di Settimo (72). Dopo la bufera napoleonica, il Comune di Figino viene però ricostituito con la Notificazione del 12 febbraio 1816 (73). Alla costituzione del Regno d’Italia, nel 1861, il Comune aveva una popolazione di 607 abitanti e, l’anno successivo, per la sua caratterizzazione, assunse la denominazione di Figino di Milano, con il R. D. 14 dicembre 1862, n. 1059.
Nel 1869 l’ennesimo riordinamento amministrativo porta alla definitiva soppressione del Comune di Figino che, con un Regio decreto, viene aggregato al Comune di Trenno ed Uniti (74), del quale diventa frazione e ne segue le sorti fino al 1923, quando anche il Comune di Trenno viene soppresso e aggregato al Comune di Milano.
La parrocchia
La parrocchia di Figino è antichissima. Alla fine del XIII secolo la località ha ben tre chiese, come abbiamo visto, a testimonianza di una realtà territoriale molto ampia e affermata, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista sociale. A cominciare dal XVI secolo la comunità religiosa è citata come “parrocchia” di S. Materno (vedi) negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi di Milano, riconoscendo così una dignità e un’autonomia amministrativa religiosa che altri paesi otterranno secoli dopo e non prima di aver superato un percorso procedurale tutt’altro che semplice.
Nel 1752, durante la visita dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli il clero della parrocchia di S. Materno era costituito dal parroco e da due cappellani. Nel 1900 (visita pastorale dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari) il clero era costituito unicamente dal parroco e i parrocchiani erano 700, compresi gli abitanti delle frazioni Bettola, Cornaggia e Molinello; nel territorio parrocchiale esisteva l’oratorio della Beata Vergine del Santissimo Rosario, delle pie signore di Betlem.
La parrocchia era di nomina arcivescovile. Nel 1924 la chiesa parrocchiale di S. Materno fu elevata alla dignità di prepositura, con decreto 12 gennaio dell’arcivescovo Eugenio Tosi, titolo che mantiene tuttora. Con la revisione della struttura territoriale della diocesi, attuata tra il 1971 e il 1972, la parrocchia fu attribuita al vicariato urbano e poi decanato di Baggio, nella zona pastorale II di Milano città.
Le Confraternite
Confraternita degli operai della Dottrina Cristiana. Di origine antica, istituita nella parrocchiale di Figino, fu censita nel 1752, durante la visita pastorale dell’arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli.
Confraternita della Beata Maria Vergine del Suffragio. Fu eretta dall’arcivescovo Benedetto Erba Odescalchi. I suoi iscritti avevano facoltà di indossare l’abito di colore bianco e un pallio nero dietro le spalle portante un’effigie della Beata Vergine del Suffragio e la corona della Beata Vergine Maria alla cintura.
Società della Santissima Croce. Fu istituita con autorità dell’ordinario, ab immemorabili, e fu censita nel 1752 durante la visita pastorale dell’arcivescovo Pozzobonelli.
Nel 1900 durante la prima visita pastorale dell’arcivescovo Andrea Carlo Ferrari risultavano erette la Confraternita del Santissimo Sacramento, la Congregazione dei Terziari francescani, la Pia unione di S. Luigi Gonzaga, la Pia Unione delle figlie di Maria (75).
Liberazione dal feudo
Temute cedole, affisse, annunciavano la decisione di Madrid di infeudare questa o quella terra, quel certo paese o città. Significava la possibilità che un signorotto, danaroso e prepotente, si accingesse a fare il bello e brutto tempo nel feudo, con angherie, soprusi, imposte tributarie, inchini e servilismi vari al suo passaggio, violenze e omertà. Gli avvisi permettevano agli abitanti però anche, con orgoglio e sforzo sovrumano, di affrancarsi, reperendo il denaro e pagando l’importo dovuto. Avvenne anche a Figino. Nella nota del 6 agosto del 1783, viene esplicitato: “Ho procurato nella compilazione di dette note di somministrare tutti i lumi, e notizie che, non ostante la mancanza de’ recapiti, ho potuto desumere dalle carte d’archivio, come pure ho stimato di includere il Quindenio che pagasi dalle Comunità di Figino e Quarto Oggiaro aggregato di Musocco per la liberazione del Feudo… (76)“.
Finora le carte di archivio non hanno restituito molto di più, come nel caso di Quarto Oggiaro, ad esempio, dove siamo riusciti a sapere l’importo per il riscatto, l’anno in cui avvenne l’evento e qualche altra notizia. Tuttavia avere cognizione che Figino fu soggetto a un tentativo di infeudazione e che, da solo, seppe affrancarsi, pur non sapendo con quali sacrifici e come ci sia riuscito ci assicura di un fatto comune in questi casi. Ossia la grande festa, l’enorme felicità che dovette pervadere le vie del paese, in un unico grande abbraccio che accomunò tutti gli abitanti.
Venti di guerra
A Figino si accampa l’esercito milanese nel gennaio 1275. Il comando è affidato ai Torriami e si apprestano a fronteggiare pavesi, novaresi ed esuli milanesi che avanzavano dal Ticino (77). Figino è già una grande realtà territoriale, pur in considerazione dei tempi, in grado di reggere lo stanziamento armato, seppur coattivo, di un esercito. Lo scontro tuttavia non avvenne per il ripiegamento dei nemici oltre il Ticino.
Chiesa e consuetudini
La chiesa di Figino carica di secoli, minacciante rovina e ormai inadeguata ad accogliere una popolazione in continua crescita (78) è stata progettata nel 1599, anno in cui sono iniziati i lavori, protrattisi alcuni anni. Nel 1605 è in fase di ultimazione e si trova a ridosso di quella vecchia. La notizia è fornita dalla visita pastorale del cardinale Federico Borromeo (accompagnato da nobili, popoli, sacerdoti e dal suono delle campane) che fa seguito a quelle di S. Carlo Borromeo, Giuliano Regazzoni vescovo di Famagosta e dall’arcivescovo Gaspare Visconti (79). Per i funerali e gli uffici il parroco riceve 30 soldi; per la lettura della passione ogni massaro offre uno staio di frumento.
Sono santificati: i giorni festivi, la festa di S. Bernardo, il due di gennaio, la festa di S. Maria della neve. Alle necessità parrocchiali avevano contribuito, con donazioni, famiglie nobili residenti o legati a Figino (Andriani, D’adda, Gallarati, Medeghini, Vimercati) i cui stemmi nobiliari adornavano stole e altri indumenti utilizzati nelle cerimonie religiose.
Un incendio, sviluppatosi il 18 giugno 1908, in una chiesa fattasi ormai fatiscente e assai poco capiente rispetto all’incremento della popolazione, portò alla risoluzione di attivare un rifacimento e un ampliamento. Con progetto di don Enrico Locatelli e una spesa di 20.000 lire si conservò il presbiterio con la volta a crociera e il suo altare maggiore. L’interno fu completato a croce greca con una facciata che si ultimò nel 1927 (80). La chiesa, dopo la soppressione nel 1923 del Comune di Trenno, di cui l’antico Comune di Figino era frazione dal 1869, acquisì la dignità prepositurale (81). Nel 1934 anche il vecchio presbiterio, con sacrestia e campanile richiese demolizioni e ristrutturazioni, con allungamento della chiesa verso la porta absidale, con una spesa di 22.000 lire (82). L’ultima parte del secolo XIX è caratterizzata da numerose iniziative, in specie dal parroco don Efrem Bernardi che ha preso possesso della parrocchia nel 1982 e che ha promosso anche un interessante volume su Figino e la sua parrocchia (83).
Popolazione
Nel 1605 gli abitanti sono 263, 1716 (370), 1846 (541) (84).
La rete delle cascine
Nel 1600 le cascine sono: Bettola, Moncina, Gambotti, Guzzafame, Cornacchia, Carona. Nello stesso periodo, attraverso le visite pastorali, si conoscono alcune produzioni tipiche, prima quindi dei catasti del secolo successivo. Oltre al frumento rilevante era la coltivazione della vite, assai diffusa in pianura.La sola cappellania di S. Sebastiano della parrocchia è dotata di una vigna di ben 54 pertiche (circa 3 ettari e mezzo) e di un vigneto di analoga dimensione.
Il diritto nelle campagne: sequestro di animali
Nel capitolo dedicato alle grida si è fatto un breve cenno alle norme circa la tutela del pascolo. Far pascolare le pecore sui fondi altrui era punito molto severamente quando la campagna, oltre due secoli fa, era rigidamente sorvegliata ed erano attivate le iniziative coercitive previste dalle norme del tempo. La Legge prevedeva addirittura il sequestro dei capi a garanzia della parte offesa. Un fatto accaduto nel 1784, a Figino, dà modo di conoscere consuetudini e modalità dell’epoca. Questo grazie al ricorso di Giovan Battista Regalia (pervenuto ai giorni nostri), patrocinante a favore del pastore Tomaso Belotti, in cui “…si lagna del contegno del Marchese Don Francesco Origone per essere state ad istanza di questi sequestrate le pecore di detto Pastore state ritrovate a pascolare in un pezzo di terra incolto di detto Marchese nel Territorio di Figino senza di lui menomo danno per lo spazio di circa un’ora in conseguenza di che detto Marchese lo obbliga di pagare una gravosa penale e conchiude implorando da V.A.R. che si degni far desistere il suddetto Cavagliere da una si rigorosa pretesa” (85). Il Regio Capitano di Giustizia, Giamabattista Bossi, è incaricato di assumere le necessarie informazioni e di relazionare e il 17 luglio 1784 dà il suo responso: “…il 9 aprile verso le ore 18, tempo in cui si facevano le sacre fonzioni nella Parrocchiale del luogo di Figino erano state trovate circa 80 pecore di ragione del sudetto Pastore Tomaso Belotti a pascolare in una vigna di ragione dello stesso Cavagliere”. Al capitano “colla deposizione di tre Testimoni maggiori di ogni eccezione” risulta la reiterazione del reato, perché l’anno precedente “gli aveva danneggiato moltissimo un Campo di Segale” per cui si trova in dovere di “dare una providenza analoga alla vigente Grida riguardante li Pastori de’ 25 aprile 1775”.
Nella relazione viene specificato cosa prescrive la Grida: “…qualunque pecora o capra che venga trovata nei fondi altrui, sia questo Comunale o Particolare senza la licenza espressa del Padrone del fondo sarà irremissibilmente soggetto alla pena di due lire moneta di Milano per ciascuna pecora o capra per ogni volta; ed al Cap. 8 che per cauzione di detta penale, saranno le stesse pecore, o capre da condursi in sequestro nelle mani del Console ed al Cap. G. che tale penale venga tutta a cadere a beneficio del Possessore, o Proprietario del fondo invaso”. Si tratta di sanzioni sicuramente gravi, un sequestro e una multa per i quali comunque il pastore della vicenda “…implorò che le venissero rilasciate dette pecore, offerendosi a fare il deposito della prescritta penale”.
Fontanili
Figino era attraversato da numerosi fontanili. Alcuni di questo sono ancora oggi perfettamente identificabili e, anche se se ne è specificato l’attestazione nella terza parte, rileviamo come, nella memoria dei nativi, siano presenti con caratteristiche e percorsi: Piccaluga, con testa presso l’attuale inceneritore – zona “Bosco” – e percorso che raggiunge la via Novara sui terreni a marcita della famiglia Porta; Boriolo, con testa presso la cascina Cornaggia, si univa al Piccaluga presso la chiesa di Figino; Bongiovanni, con testa a Rho nella zona della frazione di S. Martino, percorso che scorreva a lato della cascina Cornaggia, fino a Settimo; Maiera, con testa a Pero, zona Molino Dorino e percorso verso la via Silla; Cavapreja, con testa a Cerchiate, bagna Bosco in città e raggiunge la via delle Forze Armate (utilizzato dai lavandai); Giuscano, con testa presso l’attuale tangenzialina di Pero (tra Pero e Figino) e raggiungeva S. Romano; Materno, con testa vicino alla chiesa di Figino e raggiungeva Quinto Romano (86).
Scuole “Figlie di Betlem”
La fondatrice delle Figlie di Betlem, iniziativa a carattere assistenziale, è Virginia Besozzi, nata a Monticello Brianza il 24 febbraio 1829, che si dedicò agli emarginati e dopo una breve esperienza a Milano (casa d’accoglienza per orfanelle) per incomprensioni preferì trasferirsi a Porta Nuova e realizzò a Figino, località Bettola (via Novara 540 attuale) una piccola comunità religiosa nel 1874, rilevando una porzione di casa. Nel 1906 la casa di Figino divenne sede del noviziato, fino ad allora svolto presso la sede milanese che nel frattempo si era trasferita in via S. Vittore. Oggi è un notevole complesso con scuole e un’importante casa di accoglienza (87).
NOTE
66. Villani G., Manaresi C., Gli atti…, cit., p. 191
67. Vigotti Gualberto, La Diocesi… cit., p. 337.
68. Baroni Maria Franca, Gli atti del comune di Milano nel secolo XIII, II (1263-1276), Milano, 1987.
69. ASMi, Catasto, cart. 3061.
70. ASMi, Catasto, cart.1655.
71. ASMi, Censo, P. M., c. 764.
72. ASMi, Censo, p. m. cart. 764, Decreto per la concentrazione e l’unione dei comuni del dipartimento d’Olona.
73. Notificazione governativa 12 febbraio 1816 sulla compartimentazione territoriale delle province lombarde del regno Lombardo-Veneto, Raccolta degli atti del governo e delle disposizioni generali emanate dalle diverse autorità in oggetti sì amministrativi che giudiziari, Milano, 1816, I.
74. R. D. 17 gennaio 1869, n. 4827.
75. AA. VV., Le istituzioni …ecclesiastiche…cit., p. 310-311.
76. ASMi, Censo, c. 506. La vendita del feudo è contenuta in ASMi, Feudi Camerali, c. 473. (Nota di Roberto Schena: la data del 6 agosto del 1783 citata dall’Autore probabilmente si riferisce a una scrittura del 19 aprile 1674 in cui sono citati sia Figino, sia Quarto Oggiaro come i comuni della pieve di Trenno che hanno ottenuto di liberarsi dai gravami del feudo. Quindi la liberazione potrebbe essere avvenuta nel corso del XVII secolo. In altra parte si nomino anche di Garegnano Marcido e Boldinasco. Cfr. pag. 321 e 390 di “Milano e i suoi borghi”, di G. Pagani).
77. Giulini Giorgio, Memorie.., cit., p. 623.
78. Vazzoler Moreno, Figino…, cit. p. 59.
79. ASDMi, V.P., Trenno, v.8, p. 159. Cfr: Vazzoler Moreno, Figino…, cit., p. 78.
80. Vazzoler Moreno, Figino…cit., p. 150 e segg.
81. Figini G., Chiesa di S. Materno in Figino Milanese, in “Dizionario della chiesa ambrosiana”, IV, Milano, 1990.
82. Vazzoler Moreno, Figino…, cit., p. 156.
83. L’autore è Vazzoler (cfr. Bibliografia).
84. AAVV Guida statistica della provincia di Milano, Milano, 1847.
85. ASMi, Agricoltura, P. A., c. 50
86. Testimonianza di Giuditta Porta, Figino.
87. Vazzoler Moreno, Figino…, cit., p. 135.