SOMMARIO Nell’oratorio di Segnano, ex comune di Greco, si trovano importanti affreschi del Cinquecento, tra cui la più antica e maggiore rappresentazione della battaglia di Legnano, l’avvenimento che insieme alle Cinque Giornate meglio rappresenta lo spirito della città, mito del Risorgimento. Esprime una ricchezza di valori enorme, eppure, purtroppo, da decenni l’umidità di risalita se lo sta mangiando e fra qualche anno non ne resterà più nulla, a disdoro dei milanesi privi di iniziative per per salvarlo
di Roberto Schena
Basta un’occhiata per comprendere che quei due grandi affreschi cinquecenteschi, attribuititi a Giovan Battista della Rovere, maestro della pittura lombarda del tardo Cinquecento insieme al fratello Gian Mauro, fra qualche anno non ci saranno più. Sbriciolati dall’umidità in risalita di questo antico oratorio millenario del borgo di Segnano, frazione dell’ex Comune di Greco, aggregato a Milano nel 1923. Se quest’ultimo fosse rimasto Comune, la cura del patrimonio culturale sarebbe stata più attenta, ma non è andata così. Uno dei due affreschi ha un immenso valore per Milano, per la Lombardia e per l’Italia: è probabilmente la più antica e insieme la più grande rappresentazione della battaglia di Legnano, combattuta tra l’esercito imperiale di Federico Barbarossa e le truppe della Lega Lombarda il 29 maggio 1176. L’avvenimento è stato riscoperto e trasformato dal Risorgimento in un mito della liberazione dei popoli, tanto da essere citata dal Mameli nell’inno nazionale. I dipinti del piccolo oratorio di Segnano sono attribuiti dalla Soprintendenza all’ambito stilistico dei “fratelli Fiammenghini”, soprattutto a Giovan Battista, il più anziano. L’affresco è una ricostruzione storica, magnifica anche per l’uso dei colori, risalente agli anni 80-90 del Cinquecento, quattro secoli dopo i fatti ed è particolare anche perché rivela come a distanza di tanto tempo quell’episodio bellico, che richiese un gigantesco sforzo organizzativo da parte di un libero Comune raso al suolo proprio dal Barbarossa 14 anni prima (1162), era già allora divenuta leggendaria nella memoria dei milanesi e non solo. Quella battaglia, in effetti, insieme alle Cinque Giornate del 1848, è Milano, rappresenta il suo grande spirito.
L’altro grande affresco gli sta di fronte, è a tema religioso ma è significativamente collegato al dirimpettaio. Sono rappresentati S. Carlo Borromeo (1538-1584) e altri sei arcivescovi di Milano, tutti santi: i primi quattro del gruppo sono Geronzio, Benigno, Ampelio, Antonino (a cui è dedicato l’oratorio di Segnano) con la palma del martirio in mano, gli altri due sono Simpliciano e Vigilio, il Borromeo è l’unico senza la mitra in capo. La Madonna dall’alto dei cieli mostra loro il bambino Gesù, in piedi nudo (un classico della pittura) sostenuto da una nuvoletta. Fu il Borromeo a collocare le spoglie dei sei arcivescovi nella basilica paleocristiana dei monaci di San Simpliciano, dedicata al successore di Sant’Ambrogio. Particolare importante: Simpliciano (320-401) aveva per primo a sua volta collocato all’interno della basilica che poi sarà dedicata a lui, le spoglie dei martiri dell’Anaunia (Martirio, Sisinnio e Alessandro) i quali, secondo leggenda, avrebbero avuto un ruolo fondamentale nella vittoria dei lombardi a Legnano apparendo sul carroccio sotto forma di tre colombe. Proprio la presenza delle tre colombe nell’affresco è una delle prove che si tratta veramente di una interpretazione della battaglia di Legnano.
La presenza del Carroccio nell’affresco è la prova maggiore, mentre in basso a destra è dipinto l’imperatore Barbarossa, riconoscibile dalla corona d’alloro, disarcionato da cavallo e assoggettato a un soldato con grave rischio per la sua vita, come riferiscono le cronache del tempo. Fu esattamente quest’ultimo episodio a causare panico fra i suoi, consentendo alla Lega lombarda l’esito positivo della guerra, vinta grazie all’impegno particolare dei milanesi. La basilica dei monaci di San Simpliciano sarebbe presente nell’affresco, identificabile nell’arco disegnato sotto la nuvola che sostiene il bambino, ancora oggi presente sulla facciata della chiesa.
Come mai ai monaci benedettini di Santa Giustina di Padova (detti cassinesi), subentrati nella gestione della basilica di San Sempliciano, proprietari dell’oratorio dedicato a sant’Antonino, salta in mente di illustrare il mito di una battaglia tenutasi 400 anni prima? Potrebbe trattarsi di una doppia rievocazione: nel 1522 si tenne un’altra battaglia, quella della Bicocca degli Arcimboldi contro i Francesi, avvenuta a meno di un chilometro e mezzo dall’oratorio. Anche questa fu vittoriosa, sebbene grazie all’aiuto degli Spagnoli, ma fu memorabile perché combattuta con orgoglio e sacrificio della vita di molti milanesi tornati al servizio di uno Sforza, Francesco II, che grazie a quella vittoria governò il Ducato fino al 1535, anno della sua morte senza eredi. Si estingueva così la dinastia legittima degli Sforza duchi di Milano e il ducato passò definitivamente nelle mani spagnole di Carlo III.
In effetti, questi dipinti di Segnano sono stati eseguiti nel pieno dell’occupazione spagnola, presumibilmente nella seconda metà degli anni ’80, quasi a volere evocare il tempo in cui Milano era ricca, potente e libera dal dominio straniero. Per quanto riguarda la battaglia di Legnano, questa di Segnano si segnala come la prima celebrazione artistica dell’avvenimento usando una parete di un edificio ecclesiastico. Bisognerà attendere Giuseppe Verdi e la sua opera intitolata appunto “la Battaglia di Legnano“, prima assoluta il 27 gennaio 1849 nella Roma rivoluzionaria, che dopo 10 giorni avrebbe proclamato la repubblica con Mazzini e Garibaldi, prima di vedere nuovamente un impegno artistico sull’argomento. L’opera ottenne un grande successo grazie al forte contenuto patriottico della trama, a sua volta fonte ispiratrice di diversi affreschi otto e novecenteschi intesi a glorificare la lotta per la libertà dei popoli. Alla battaglia fa riferimento Il Canto degli Italiani di Goffredo Mameli e Michele Novaro, con le parole: «[…] Dall’Alpi a Sicilia dovunque è Legnano […]» per ribadire il richiamo patriottico. Legnano è l’unica città, oltre a Roma, a essere citata nell’inno nazionale, ma non va dimenticato che il nome di Legnano nasconde quello di Milano per evidenti ragioni storiche
Mentre si avvicina l’850esimo anniversario della battaglia, una simile testimonianza sta scomparendo, letteralmente mangiata dall’umidità, come mostrano le fotografie. Sarebbe forse ora di muoversi, o l’intera città s’indignerà per tanta noncuranza. Nel 2010, una perizia del prof. Paolo Gasparoli, docente di Tecnologia dell’Architettura al Politecnico di Milano, esperto di restauri con un lunghissimo curriculum vitae, descrisse in una puntuale “relazione tecnica per opere di restauro” le condizioni dei dipinti dell’Oratorio di Segnano, già allora dichiarandoli affetti da “alcuni fenomeni di degrado abbastanza diffuso”. In una precedente Relazione descrittiva dell’oratorio, risalente al 1995, si faceva notare: “Ci sono principalmente due tipi di lesioni dovute o all’umidità ascendente o a movimenti relativi del terreno che causano l’una delle scrostature (caduta di colore, ndr) e rigonfiamenti del muro e l’altra delle crepe (varie fessurazioni, ndr)”. Oggi, a 14 anni di distanza la situazione è nettamente peggiorata, come mostrano le fotografie che pubblichiamo.
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