SOMMARIO Una mappa di boschi, oasi, parchi, acque e animali: la natura da conoscere e salvare nella metropoli. Una classsificazione del verde in città, che non è tutto uguale, ha diversi contenuti e funzioni. E si scopre come la natura cerchi di rimpossessarsi dello spazio urbano. Di fatto, i grandi polmoni e altre oasi di città con una fauna particolare, descritti in “Milano selvatica”, di Stefano Fusi, coincidono con le estese aree agricole un tempo percorse da rogge alberate e fontanili, tra i quali si trovano antichi borghi e comuni milanesi

C′ è chi ha visitato tutte, ma proprio tutte le principali oasi verdi di Milano e oltre. Le ha classificate in vari modi, come nemmeno il Comune di Milano ha fatto, ognuno con una sua ratio. La lettura comunale del sistema del verde in ambito urbano appiattisce terribilmente le importanti diversità fra l’una e l’altra realtà. Lui è Stefano Fusi, un po’ per rimediare al deficit istituzionale ha scritto “Milano selvatica”, sorta di inventario naturalistico raccontato con la tecnica dello scrittore flaneur. Questo modo di comporre concetti letterari si basa su passeggiate essenzialmente effettuate in periferia, dove il coro unanime della borghesia colta sostiene esservi il nulla, e invece scoprire un mondo di piccole storie da narrare.
Vi si sono cimentati grandi penne della letteratura e del giornalismo da James Joyce a Curzio Malaparte. Stefano Fusi deve ancora collaudarla bene questa tecnica: in alcuni punti è prolisso, in altri (pochissimi per fortuna) appioppa giudizi affrettati senza controllare di persona le fonti o sentire varie versioni, in altri non c’è l’approfondimento storico e i borghi antichi, in realtà, sono ignorati. Eppure sono presenze importanti e numerosissime tra i posti più o meno “selvaggi” da lui frequentati, anzi, appartenevano esattamente a borghi e comuni che si cerca di salvare.
Di fatto, i grandi polmoni, le oasi di città con la fauna particolare che le abitano descritti in “Milano selvatica” sono esattamente le ex aree agricole un tempo percorse da rogge alberate e meravigliosi fontanili con le loro aste fin dento gli antichi borghi e comuni milanesi. A Muggiano, per esempio, i fontanili con la loro fauna “selvaggia” ci sono ancora all’interno del borgo, vi si affacciano i balconi delle abitazioni.
Nel complesso, Fusi fornisce piuttosto una lettura comprensibile, facilitata, di come Milano respira con i suoi polmoni. Ci tiene a presentarsi come un “vecchio” militante a cui sta a cuore l’ambiente fin da ragazzo, anzi, da bambino, come tiene egli stesso a sottolineare, perché se non guardi le cose con i loro occhi (ragazzi e bambini) in pratica è come non apprendere nulla, punto. Stefano ha visitato: Bosco in città, Goccia, Parco Agricolo Sud in quel di Chiaravalle, parco Nord, parchi di Affori, delle Risaie, del Ticinello, Lambro e area agricola di Pontelambro, della Vettabbia, ex Porto di Mare, ex cimitero di Crescenzago, Piazza d’Armi, spingendosi in territorio metropolitano: Bollate, Vanzago, Rho, Rozzano, Ticino, Linate, Peschiera Borromeo, Rocca Brivio, Martesana e non è tutto.

Agganciato alla mitologia ambientalista del bosco originario, “Milano selvatica” classifica le maggiori aree verdi di Milano in sei categorie (e altrettanti capitoli):
1. i boschi in città, tipo la Goccia della Bovisa e la Piazza d’Armi;
2. i parchi semiselvatici in città, come Parco Nord ed ex istituto Paolo Pini a Dergano
3. i parchi agricoli in città: Parco delle Risaie e Ticinello;
4. le oasi e i boschi fuori porta: Bollate, Rho, Rozzano, Peschiera Borromeo e Rocca Brivio;
5. i laghetti, le cave, i fontanili: Muzzetta e Trezzano sul Naviglio
6. i parchi dell’est milanese: Idroscalo, Lambro ed ex cimitero di Crescenzago
Da una simile classificazione sono esclusi i parchi storici centrali come il Sempione e i Giardini Pubblici di Porta Venezia, sebbene meritino di essere presi in considerazione per la ricca avifauna, e il Parco Forlanini, uno dei maggiori di Milano. Diversi grandi polmoni urbani sono più il frutto non della mobilitazione dei cittadini, ma del caso: il Forlanini, di fatto, è un misto agricolo-urbano la cui esistenza è dovuta unicamente alla fascia di inedificabilità aeroportuale, civile e militare, di Linate, idem per il vicino Parco Lambro; il parco di Trenno era l’ex “aeroporto degli inglesi”, il Parco Nord è nell’area di rispetto dell’aeroportino militare di Bresso. Altri grandi però stati voluti, imposti dal cittadini come il Parco delle Cave dio Baggio, Bosco in Città a Figino, Parco Chiesa Rossa, lo stesso Parco Agricolo Sud Milano, la Goccia alla Bovisa. Ad Affori, dove oggi c’è il Parco ex istituto Paolo Pini, prima che divenisse area verde erano rinchiusi 1200 persone tenute più meno come in galera, tra cui Alda Merini, che ha definito il suo manicomio “croce senza giustizia”. La loro liberazione è un regalo della Legge Basaglia, suggerisce Fusi.

Da scrittore flaneur, Fusi per ogni parco o situazione naturalistica descrive la genesi, se è ufficiale o spontanea, se esiste un riconoscimento dello status ecologico, le condizioni della flora interna e dei dintorni esterni (spesso ahinoi oggetto di discariche abusive), la presenza di varie specie di uccelli che si credevano scomparsi dalla giungla d’asfalto, se ci sono stagni frequentabili a vari tipi di fauna, che tipo di animali selvatici li frequentano, quali sono i pericoli che incontrano (soprattutto i cani lasciati liberi di correre ovunque). E poi e piccole storie collegate, come per esempio la vicenda del cervo che chissà come è finito al Parco Nord, della garzetta nel Parco delle Risaie (Parco Sud) e come distinguerla dall’airone, effettivamente sempre più frequente grazie alle limitazioni alla caccia e ai pesticidi che uccidono anche la piccola fauna di cui si nutre.
Il libro è un racconto di come la natura stia lottando per rimpossessarsi dei suoi spazi, di come metro per metro contenda al cemento il territorio, senza lasciarsi intimidire dal fastidio del cittadino medio che ha perso completamente ogni cognizione della natura, non sa più dove vive per cui odia le “erbacce”, cioè le erbe mediche, che offrono un rifugio a insetti e piccoli roditori, il cibo degli uccelli, esige di camminare su asfalto e calcestre per non sporcarsi le scarpe firmate, non può vedere le cascine, ma solo grattacieli, non sa dare il nome a una pianta, trema se vede un’ape. Tutto molto diseducativo e funzionale alla cementificazione ossessiva di edifici lasciati puntualmente vuoti.
Stefano Fusi, Milano Selvatica, prefazione di Alberto Guzzi, edizioni L’Albero, info@edizionilalbero.it, www.edizionilalbero.it.
Il libro è in vendita o nelle librerie o a 17 o 18 Euro in rete