Il termine Vigentina viene dal borgo di Vigentino, la cui storia inizia nei tempi remoti: infatti, già nel 1164 vi sono tracce di un Veglantino (divenuto nel 1195 Vingiantino); il nome appare alquanto indecifrabile: alcune fonti lo fanno risalire ad una proprietà di 20 iugeri (antica unità di superficie agraria utilizzata dai Romani), altre fonti fanno riferimento ad un posto di guardia (Vigilantinus), altre ancora alle venti miglia di distanza da Pavia; non è quindi chiara l’origine.
Si presume che la Vigentina fu fondata dai Longobardi, con lo scopo di collegare la loro capitale Pavia a Milano, sfruttando una strada già approntata dai Romani. Questa strada fu una delle due vie di commercio, insieme con quella più a ovest, che passava e passa per Binasco. Dai ritrovamenti di reperti archeologici risulta infatti che la Vigentina era un percorso stradale in uso già dal I secolo d.C. al II secolo d.C, spostato più ad est rispetto al tracciato della Ticinum-Mediolanum, ma che conduceva comunque a Milano.
Il punto di inizio della via è all’odierna Crocetta, dove si diramava dalla via Emilia: il suo percorso dentro Milano quindi coincide con le odierne strade denominate corso di Porta Vigentina e via Ripamonti.
Usciamo allora dai Bastioni che delimitano il centro di Milano (siamo nel 1865, al solito) attraverso il Portello Vigentino (a cui si deve il nome dell’oratorio di Santa Maria sito poco a nord, all’attuale incrocio con via Cassolo, contrassegnato dal civico 5307 del Catasto Teresiano, tuttora visibile sulla sua facciata).

Ci troviamo qui all’Orcello, un borgo rurale le cui poche rade cascine costeggiavano la strada ai due lati (strada che nel 1937 si chiamò appunto via Orcello), con una pesa e un’osteria della Pesa (un tempo qui c’era il dazio). Il nome pare derivare da “orcell” (in antico milanese, uccello, da cui orcellera, piccionaia). Di esso rimangono le case sul lato dispari di via Ripamonti, di chiara impronta rurale (civici 1 e 3), mentre il lato opposto è totalmente cambiato.
Poco più avanti, sulla nostra sinistra avremmo visto spuntare il gruppo di cascine dell’Altaguardia (di cui oggi rimane ben poco), il cui toponimo, secondo Ottone Brentani, è di origine romana e indica un posto di guardia rialzato sull’argine di un canale; il toponimo compare già sulla seicentesca mappa del Claricio. Tra le interpretazioni dell’etimo (Alto Guado. Voltaguardia, Ultraguardia) anche quella di una torre di avvistamento all’epoca del Barbarossa. In queste cascine il dottor Giovanni Nolli fece esperimenti scientifici coi vaccini appena scoperti da Jenner.

Percorso un tratto abbastanza lungo (via Ripamonti misura 6 chilometri), saremmo giunti al ponte sulla Vettabbia, che tuttora è visibile nel suo attraversamento della via: da lì partiva e parte una stradina privata che conduce al “Mulino Vettabbia Destra”, risalente probabilmente al XVII secolo. Ha una torretta sulla cima e sulla sua facciata, ove si trova un portone ad arco, è visibile tuttora una targa che indica la sua appartenenza amministrativa all’VIII Mandamento, comparto di Porta Romana, nel comune dei Corpi Santi; poco prima del mulino, la Vettabbia si biforcava per andare ad alimentare col ramo destro la ruota a pale (da cui il nome “Vettabbia destra”) salvo poi ricongiungersi subito dopo.
Procedendo verso fuori città avremmo visto sulla sinistra il sinuoso scorrere della roggia Vettabbia e sulla sinistra cascine isolate punteggiare le coltivazioni: di queste, solo la Crocetta, residenza settecentesca sparita negli anni ’60 del XX secolo, sorgeva sulla via Ripamonti, all’angolo con via Solaroli.
Siamo a questo punto già entrati nel comune di Vigentino e ci stiamo avvicinando al suo centro storico, incentrato sulla chiesa dell’Assunta. Essa fu inizialmente eretta nel 1162 come punto di aggregazione dei milanesi di Porta Ticinese qui deportati dal Barbarossa, poi venne ricostruita a inizio Seicento ed è quella che vediamo ancora oggi.

Girando a sinistra dalla via Ripamonti ci si trova di fronte alla chiesa, purtroppo attualmente chiusa, al cui interno si trovano alcune cappelle laterali spettacolari e numerosi capolavori dell’arte lombarda: la Cappella del Rosario ospita infatti interessanti opere del Cerano e della sua bottega, mentre nel presbiterio si trova un ciclo pittorico che può ricondursi all’influenza di Ambrogio Figino (ciclo della Vita Virginis realizzato nel 1606 da Girolamo Ciocca).
Recenti scavi archeologici hanno poi portato alla luce quattro grandi camere funerarie ipogee, contenenti gli scheletri degli individui ivi sepolti; una quinta tomba a camera ubicata antistante l’altare e riservata ai presbiteri e ai rettori della chiesa è stata mantenuta integra, così come la magnifica abside semicircolare della penultima chiesa, giuntaci in un eccezionale stato di conservazione tra la balaustra e i gradini di risalita all’altare odierno. Verso il portale principale è stata scoperta l’antica facciata della chiesa e inoltre anche nell’area centrale verso l’altare, oltre ad una serie di interessanti sepolture plurime, tra cui quella di alcuni infanti di età neo-natale e di non nati, ha trovato conferma una lieve anomalia, rivelatasi essere l’abside di un più antico edificio di culto, ovvero di una terzultima chiesa medievale.

Procedendo ancoa verso l’esterno della città, dopo parecchio avremmo incontrato la cascina Pozzuolo, prima sede del Comune di Vigentino, di cui tuttora è rimasta fruibile una parte, utilizzata come locale pubblico.
Nel prossimo articolo ci avventureremo in aperta campagna (odierna) sempre all’interno del vecchio Comune di Vigentino.
Testo e foto di Riccardo Tammaro, di Fondazione Milano Policroma e ABM, Associazione Antichi Borghi Milanesi