I Borghi di Milano
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SULL’ANTICA VIA EMILIA

Questa strada consolare romana, che ha inizio dall’antica cinta muraria imperiale romana e si snoda attraverso corso di Porta Romana, corso Lodi e via discorrendo, risale al II secolo a.C. (fu costruita in onore del console romano Marco Emilio Lepido per collegare Rimini a Piacenza), e fu chiamata Aemilia, dando così il nome alla Regione; in seguito detta strada venne allungata fino a Milano: la sua costruzione ebbe principalmente uno scopo militare e si dice che avvenne in seguito alla vittoria di Annibale sui Romani sul Trebbia.

Ingresso all’edificio della Carità

Inoltriamoci ora sul corso Lodi partendo dai Bastioni: al solito ci trasferiamo nel 1865. Allora i milanesi che abitavano all’interno delle mura usavano, nei periodi più caldi e nei giorni festivi, fare delle scampagnate “fuori porta”. Una delle mete preferite erano i cascinali fuori dalla Porta Romana, e così ci dirigiamo verso la campagna percorrendo il viale che, costeggiato dai platani, arrivava fino a Rogoredo: nell’attuale carreggiata di sinistra guardando verso fuori correva il Redefossi, che vi giungeva dopo aver costeggiato i bastioni provenendo dalla zona di Porta Venezia. Muovendoci da piazza Medaglie d’Oro, dopo un breve tratto, sulla sinistra avremmo visto un caratteristico ponticello che univa il corso all’edificio della Carità, antico casolare tuttora visibile all’angolo tra la via omonima e la via San Gerolamo Emiliani, che svolgeva un tempo le funzioni di ostello (e che nel tempo ha anche ospitato la trattoria Isola).

Ancora poco più avanti, l’odierna via Passo Buole era costeggiata da una roggia (cavo Melzi), che poi l’attraversava (laddove fino a non molti anni fa si poteva ancora vedere un’antica insegna di “Trattoria – Vini e Liquori” verniciata sopra la porta dell’allora civico numero 5/3 della stessa via: l’insegna è sparita, ma la casa sussiste). Di fianco sorgeva la cascina Trinchera, alcuni edifici della quale sono sopravvissuti alla demolizione e sono visibili in un cortile della via Passo Buole. Procedendo sul vialone, tra campi e cascine, in luogo del ponte sulla ferrovia avremmo trovato un importante bivio: quello con la strada per Chiaravalle, di cui parlerò diffusamente in un altro articolo. L’importanza di questo bivio è sottolineata dalla presenza di ben tre cascine chiamate Pilastro (I, II, III) nelle immediate vicinanze. Ricordo che il pilastro era l’indicazione che gli antichi romani ponevano sui bivi delle strade consolari, come pietra miliare.

Poco oltre sulla sinistra si trovava l’Isola Fiorita, gruppo di cascine isolate nella ridente campagna, tra cui il Musocchino (il cui nome significa piccolo acquitrino), sito all’altezza dell’odierno civico 109 di Corso Lodi, nel cui cortile si scorgono ancora aspetti caratteristici delle case di ringhiera e si trova uno spazio in rizzada, contornato di gradevoli arborescenze.

L’ex cascina Guglielmesa,

Di fronte al Musocchino (talora detto Musocco) sorgeva (e sorge) la cascina Guglielmesa, visibile nel piazzale tra viale Brenta e corso Lodi e che ora ospita una banca. Poco più avanti si trova il quartiere detto Gamboloita. Il nome proviene dalla cascina omonima, originaria almeno del ‘600, e appartenuta ad una famiglia, di nome Gamboloita, proprietaria di tutta la tenuta; la cascina si trovava all’angolo tra corso Lodi e l’attuale via omonima. La famiglia era iscritta al patriarcato milanese già al tempo dei Visconti e l’allevamento di mucche sito presso la cascina venne visitato da imperatori e diplomatici (tra questi, Francesco I, imperatore d’Austria, che fece apporre una lapide come testimonianza del suo passaggio). Alla cascina era annesso un oratorio, detto Chiesa dell’Immacolata alla Gamboloita, ove si celebrava una Messa domenicale per tutti gli abitanti dei cascinali del circondario.

Superato il Ponte di Nosedo (attuale piazzale Corvetto), dove il Redefossi attraversava il corso, passando dal lato sinistro al lato destro, procediamo fino a incontrare il centro di Rogoredo, il cui nome deriva dall’omonima cascina, e che fa chiaramente riferimento ad un bosco di querce (Roburetum, in milanese Rogoree): alcune fonti dicono che la cascina sia stata demolita tempo addietro, altre dicono coincidere con la cascina Palma (di cui rimane solo un rudere al di là della ferrovia). Ciò su cui tutti concordano è invece l’importanza della testimonianza (rimarcata dal fatto che è monumento nazionale) dell’ex stazione di posta, sita al civico 76 di via Cassinis, ed attualmente ospitante un locale pubblico, ove nel tardo Ottocento poteva sostare e ristorarsi, nonchè cambiare i cavalli, chi viaggiava in diligenza.

Cascina San Martino

Superata la ferrovia (già presente nel 1865) ci troviamo nel comune di Chiaravalle, frazione Rogoredo. Delle antiche cascine, a parte il rudere testé citato, rimane solo la San Martino, che si trova sull’odierno confine con San Donato, nel borgo omonimo, ed è tuttora attiva. Durante il 1848, con la ritirata degli austriaci da Milano, gli abitanti per renderla difficile abbatterono gli alberi e distrussero i ponti sul Redefossi, tra cui quello che i marchesi D’Adda avevano costruito nel 1640 per recarsi nelle loro proprietà di Triulzo. Questo ultimo borgo, sito a poca distanza da San Martino lungo la via Marignano, è di origine romana ed è stato diviso tra i due comuni citati dopo il 1923: la parte Superiore, appartenente a Milano, ospita ancora quanto rimane della cascina quadrata a corte lombarda presente nel 1865 e citata già nel 1600.

Testo e foto di Riccardo Tammaro, di Fondazione Milano Policroma e ABM, Associazione Antichi Borghi Milanesi

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