SOMMARIO I monaci della Certosa milanese (erano 18 a metà del Settecento) vivevano di preghiere e studi, non si occupavano direttamente della lavorazione delle loro terre, preferivano darle in affitto a famiglie residenti intorno, garantendo così una certa stabilità economica e continuità nella gestione dei beni, veramente ottima. Quando furono sciolti da Vienna, che puntava a requisire e vendere i loro beni per finanziare le guerre, Garegnano si impoverì notevolmente
di Roberto Gariboldi
Negli “Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano” compilati nel 1346, la località di Garegnano è inclusa nella pieve di Trenno, e le spetta la manutenzione della parte di propria competenza della “strada di Rò”. La storia del territorio ha un inatteso sviluppo a partire dal 1349, quando Giovanni Visconti fonda la Certosa di Milano. Nell’atto sono comprese numerose donazioni di terreni con tutte le relative competenze di acque, coltivazioni e sedimi: fra le altre proprietà è compresa la cascina Torchiera, che risulta quindi esistere prima ancora del monastero certosino.
I monaci non si occupavano direttamente della lavorazione delle loro terre, preferivano darle in affitto a famiglie residenti nel territorio, garantendo così una certa stabilità economica e continuità nella gestione dei beni. Oltre all’attività agricola era presente, anche se in forma minore, l’allevamento del bestiame. Negli anni 1713-1714 se ne segnala una straordinaria moria, che costringe i monaci certosini a chiedere al governo austriaco speciali esenzioni dalle consuete imposte. La vocazione agricola del territorio di Garegnano risulta particolarmente evidente nei rilievi del catasto ordinato dall’imperatrice Maria Teresa. Le misurazioni dei territori di Garegnano Marcido furono eseguite nel 1722 e di Garegnano Corbellaro nel 1723, in ambedue i casi a cura del geometra Michele del Tour con alcuni collaboratori.
Garegnano Marcido aveva un’estensione di 1880 pertiche, mentre quello di Garegnano Corbellaro di 783. Le diverse proprietà erano così suddivise: i monaci certosini possedevano il 100% dei terreni di Garegnano Marcido; erano pertanto gli unici proprietari dei fondi del comune. Gran parte del territorio è segnalato come aratorio semplice (343 pertiche), aratorio avitato (233 pertiche), aratorio con moroni (200 pertiche), aratorio avitato con moroni (506 pertiche), aratorio adacquato con moroni (5 pertiche) per un totale di 1288 pertiche (pari a 843.264 mq, il 68,52%). Rilevante è l’estensione a prato (prato, prato adacquato con salici e moroni, prato brugherato, prato adacquato con salici, pascolo con piante da cima dolce) per un totale di 465 pertiche (pari a 304.105 mq, 24,48 %). Il restante territorio è segnalato sotto diverse voci: costa di taglio forte (71 pertiche), orti (22 pertiche), siti di case (13 pertiche), bosco da taglio (9 pertiche), giardini (6 pertiche), zerbo e altro (10 pertiche).
GLOSSARIETTO: i moroni sono i frutti dell’albero del gelso, sono nerI o bianchi a seconda del tipo di albero. Avitato è il terreno con viti; il terreno adaquato è terreno vicino a corso d’acqua e facile da irrigare; prato avitato è prato con viti; il terreno aratorio è quello arato destinato a coltivazioni per lo più cerearicole. Il moggio è unità di misura del grano, a Milano equivaleva a 225,1 litri. Il metreta è un recipiente che aveva la capacità di 39,99 litri. Se inteso genericamente è il tipo di vaso usato per contenere olio o vino. La pertica milanese è pari a 654,5179 metri quadrati.
Il comune di Garegnano Corbellaro presentava un’altra fisionomia. I monaci certosini non erano i maggiori proprietari in quanto detenevano solo 104 pertiche (pari al 13,3%), avevano, però, una casa con mulino; l’ente che possedeva gran parte del territorio comunale era il Luogo Pio della Pignatella con 370 pertiche (pari al 47,3%), seguito dal marchese Felice Corbella e fratelli con 112 (pari al 14,3%). Altri proprietari risultavano essere: Giovanni Carcano (75 pertiche), Benedetto maggi (50), Giovanni Battista Maderna (33), Giuseppe Biondi (29 pertiche), la parrocchia dei santi Ippolito e Cassiano e ulteriori piccoli proprietari (10 pertiche).
Garegnano Corbellaro aveva le medesime caratteristiche per quanto riguardava la coltivazione. Domina il terreno aratorio nelle sue varie declinazioni: aratorio (26 pertiche), aratorio avitato con moroni (271), aratorio avitato (199), aratorio con moroni (92 pertiche). La parte destinata a prato è così suddivisa: prato adacquato con salici (110 pertiche) e prato adacquato (26). La rimanente porzione di territorio è destinata ad orto, bosco da taglio, vigna e ripa da taglio dolce e forte. Pur essendo un comune non esteso, i suoi terreni erano divisi fra ben nove proprietari, dei quali un nobile, quattro enti religiosi e quattro cittadini senza particolari titoli. Purtroppo nei rilevamenti del catasto teresiano non vengono segnalati i siti esenti da tasse, come monasteri, chiese e altre proprietà religiose, e questo ci impedisce di conoscere l’effettiva estensione degli edifici che costituivano il complesso monastico certosino all’epoca della rilevazione.
Nel catasto non appaiono mulini, ma sappiamo che i monaci ne avevano due all’interno del monastero. Sempre dentro le mura, oltre agli spazi sacri, ai chiostri e alle celle dei monaci e dei fratelli conversi, erano presenti una peschiera per l’allevamento del pesce, una neviera per la conservazione degli alimenti e strutture rurali indispensabili alla conduzione di una vita nel rispetto della regola monastica, senza dover ricorrere ad approvvigionamenti esterni. Nella “Risultanza delle notificazioni toccante alli redditi della Pieve di Trenno” del 16 luglio 1723, risulta che i monaci possedevano un mulino a Garegnano Corbellaro e un’osteria a Garegnano Marcido. Un documento del 1747 riporta che nelle grange dei certosini vivevano 23 famiglie di salariati che si occupavano dell’allevamento e delle coltivazioni delle terre di proprietà della Certosa. Il priore in carica era dom Raimondo Rossi, con lui risiedevano 18 monaci, 5 conversi, 2 novizi e tre donati salariati. Nelle stalle si trovavano 8 cavalli da tiro, 1 mulo, 20 mucche “ad socidum”, mentre presso i massari e i pigionanti 120 buoi, 36 cavalli e 36 giovenche. I terreni prossimi al monastero producevano 250 moggia di grano, 170 di miglio, 1.200 metrete di vino, più riso, olio e fieno in quantità minori.
Contestualmente al catasto, a partire dal 1750, il governo austriaco promosse un’inchiesta, nota come “I 45 quesiti”, con la quale i funzionari catastali ponevano 45 domande ai colleghi del censo, identiche per ogni comunità, alle quali bisognava rispondere per iscritto: l’indagine aveva il fine di conoscere la situazione amministrativa e fiscale di ogni località della Lombardia. Il compilatore della scheda relativa a Garegnano, Giuseppe Galimberti cancelliere della suddetta comunità, se la cava con una risposta generica che gli evita di entrare nel particolare dei vari quesiti. Si limita infatti a rispondere: “Tutto il Comune di detto Garegnano marzo consiste in beni ecclesiastici antichi dei RR. PP. della Certosa di Garegnano esistenti in parte in detto Garegnano, Cassina Comini, Torchiera e Cassina Triulza, tutti nella pieve di Trenno”.
Per avere un quadro completo del territorio a nord-ovest della città di Milano è interessante riportare un documento del 1751 riguardante la pieve di Trenno, conservato presso l’Archivio di Stato di Milano, e intitolato “Compartimento territoriale specificante le cassine”, articolato in colonne così suddivise:
- a) nome dei Comuni sotto le Pievi,
- b) nomi de Cassinaggi uniti ai Comuni,
- c) delle teste da 15 a 60 anni.
Particolare la scelta dei curatori che considerano solo gli abitanti dai 15 ai 60 anni, escludendo tutti gli altri. Probabilmente ai censori interessava solo la popolazione considerata produttiva dal punto di vista lavorativo. Altro aspetto di rilievo che ci fornisce questa indagine, è l’elenco delle cascine facenti parte di ogni comune. Anche se fisicamente scomparse, molti dei loro nomi sono rimasti nella toponomastica locale sino ai giorni nostri, di altri invece non si ha più traccia.
Il rilievo della pieve di Trenno riporta i seguenti dati:
Comuni di Arese (con parte di Cassina Torretta), 115 abitanti, di Cassina Torretta, 21 abitanti, di Boldinasco (con Colombara, Ca’ Nove, Santa Marta), 51 abitanti
Comuni di Cassina de Comini, 13 abitanti, di Cassina del Pero (con Pioltina, Bergamina, Molino della Strada, Cassina Cristina, Molino della Cristina), 61 abitanti
Comune di Cerchiate (con Cerchiarello), 42 abitanti, di Figino (con Roncasio, Guzzafame, Cornaggia, Bettola, Molinetto), 117 abitanti
Comune di Garegnano Marcido (con Torchiera, Comini, Fornace, Triulza, Triulzina, Molino bruciato), 115 abitanti
Comuni di Garegnano Corbellaro (con Pobbia, Molino), 26 abitanti, di Lampugnano (con Lampugnanello, Cottica, Cassina Nuova e Stoppafatta), 66 abitanti
Comuni di Lorenteggio (con Travaglia, Molinetto, Gesiolo di Robarello), 48 abitanti, di Mazzo (con Mazzino, Dugnana, Cassina Nova, Cassina Vecchia), 67 abitanti
Comuni di Musocco (con Molino, Vernasca, Roncavazzi), 105 abitanti, di Quarto Uglerio (con Cassina al Principio di Musocco, Malpensata), 29 abitanti
Comuni di Pantanedo (con Cassinazza), con 45 abitanti, di Quarto Cagnino, 65 abitanti, di Cassina Pobbiette, 12 abitanti, di Quinto Romano, 64 abitanti
Comuni di Cassina del Majno (con Malpaga o sia Romano), 21 abitanti, di Cassina Caldera, 9 abitanti, di Terrazzano (con Brughera, Cassina Trecati), 85 abitanti
Comune di Trenno, capo di Pieve (con Malghera, Pilla di Camozzino, Fametta, Molino di Sopra, Molino di sotto, Malgheretta), 107 abitanti
Comuni di Torrazza di S. Leonardo (con Molinazzo, S. Leonardo, Chiusa), 30 abitanti, di Fagnarello, 8 abitanti, di Vallera, (con Siollo), 42 abitanti.
L’insieme degli abitanti dei comuni della pieve era di 1.364 soggetti compresi fra i 15 e 60 anni.
Da questo elenco risulta che gli insediamenti erano di scarsa entità, non esisteva un comune di grande rilievo che facesse da catalizzatore o da centro di riferimento per tutti quelli della pieve. Lo stesso Trenno, capo pieve, non era il più abitato. Il centro con il maggior numero di abitanti era Figino (117), seguito da Arese e Garegnano Marcido (ambedue con 115) poi da Trenno (107) e da Musocco (105). Tutti gli altri comuni erano al di sotto dei cento abitanti, alcuni addirittura con meno di 10.
Dal punto di vista amministrativo il territorio di Garegnano, nell’editto del 10 giugno 1757, risulta comune autonomo, comprendente le due frazioni di Marcido e Corbellaro, sito nella pieve di Trenno; nella statistica delle anime del 1771 contava 616 abitanti. Anche con il successivo riordino amministrativo della Lombardia austriaca in base all’editto del 26 settembre 1786, Garegnano è sempre inserito nella pieve di Trenno, provincia di Milano. Nel 1791, in seguito ad una nuova sistemazione territoriale, il comune è ancora compreso nella pieve di Trenno, XXVII distretto censuario della provincia di Milano.
Fine della seconda parte. La prima parte la trovate qui