SOMMARIO In occasione del doppio centenario 1873-1923-2023, il 18 ottobre 2023, con il titolo “I borghi di Milano: radici urbane, cultura universale e integrazione sociale”, si è tenuto il terzo convegno di ABM, l’Associazione Antichi Borghi Milanesi. Organizzato da Riccardo Tammaro in una sala del Museo del Risorgimento, gentilmente concesso, si sono susseguite dieci relazioni provenienti da realtà come la Barona, naviglio Martesana, Chiaravalle, Ortica, Garegnano, Baggio e Figino. Il convegno era diviso in tre sezioni: “Eccellenze culturali nei borghi”, “Valore urbanistico del borgo”, “Recupero sociale dei borghi: domani”. Ecco una sintesi degli interventi.
A un anno dalla sua fondazione, e in occasione del Centenario ABM ha organizzato questo incontro fra le piccole realtà dei borghi milanesi. Al meeting hanno partecipato nove realtà diverse, confrontando le proprie esperienze. L’incontro si è tenuto a Palazzo Moriggia, dove è ospitato il Museo del Risorgimento. Mentre sullo sfondo scorrevano le immagini della mostra fotografica di Roberto Visigalli “Antichi borghi della periferia milanese. Scorci”, ha aperto il convegno la direttrice del Museo del Risorgimento, Ilaria Torelli (in sostituzione di Francesca Tasso, impossibilitata ad intervenire) ricordando l’analogo convegno tenutosi nel medesimo luogo nel novembre 2022; a seguire, Roberta Osculati (vicepresidente del Consiglio comunale) e Luca Gibillini (referente della segreteria del sindaco) hanno ripercorso il tragitto effettuato nell’ultimo anno e, ringraziando l’associazione ABM per il prezioso contributo, hanno sottolineato come l’anno del Centenario, più che una rievocazione, debba servire per programmare il futuro sviluppo della città.
Un ringraziamento va anche a Marco Cereda, della Libreria Meravigli, presente all’ingresso del convegno con apposito banco pieno di libri prodotti dagli scrittori di borghi milanesi.
1. “Eccellenze culturali nei borghi”
Entrando nell’argomento vero e proprio, Paola Barsocchi, dell’Associazione Amici Chiesetta San Protaso del Lorenteggio, ha parlato sul tema “Eccellenze artistiche a Monterobbio”(QUI un video). La cascina e l’oratorio San Protaso sono le due emergenze storiche presenti nel Municipio 6, quello che con il Municipio 4 non ha ex comuni aggregati nel 1923 ma solo pezzi di Corpi Santi e di altri territori strappati a comuni esistenti. La “gesa di lusert” è stata difesa dalla popolazione contro chi la voleva demolire perché dava fastidio al traffico, ribadendo la sovranità delle storia e dell’arte su tutto. Altrettanto deve accadere con cascina Monterobbio, in via Moncucco 51 (ora via San Paolino 5), dove si notano preziosi affreschi, alcuni dei quali coperti con la calce, altri attribuiti a un Francesco Hayez giovane. La cascina, alquanto elegante e porticata, sembra sia stata già proprietà di Alessandro Manzoni (noto il suo ritratto dipinto da Hayez) ed è il monumento più importante del Municipio 6 dopo villa Corio, quest’ultima venduta ai privati dal Comune, sindaco Gabriele Albertini. Anche Monterobbio è di proprietà comunale, purtroppo è chiusa, in degrado, frequentata da abusivi e i bandi per assegnarla ad associazioni sono andati deserti ma è alle viste un nuovo bando che, conferma Gibillini, vedrà la luce nel 2024.
A Edo Bricchetti, socio dell’International Waterways Inland, è stato assegnato il tema “Eccellenze storiche dei borghi sul Naviglio Martesana”,dato che almeno 5 degli 11 comuni aggregati durante il primo quarto di secolo sono attraversati e accomunati da questo canale: Crescenzago, Gorla, Greco, Precotto, Turro, Bricchetti ha spiegato “che cosa fa borgo”, in pratica, nel caso dei borghi “cittadini” (Municipio 2) del Naviglio Piccolo Martesana, sono tre gli elementi principali che li fanno diventare “borghi”, non semplici aggregazioni abitative: l’acqua (il naviglio), la presenza di chiese importanti (punti di riferimento epocali), la comunità che vive e lavora nell’area. Ebbene, il concentrato di borghi, divenuti Comuni, intorno al Naviglio Martesana è ancora riconoscibile proprio grazie alla presenza del naviglio che ne ha impedito lo stravolgimento. Purtroppo – avverte Bricchetti – il borgo in ambito urbano ha una dignità che sta perdendo. “Gettiamo uno sguardo troppo distratto al Naviglio Martesana quando passiamo per il punto panoramico aperto sul viale Monza (all’altezza del numero civico 140, ndr)”. Il panorama che si offre ai nostri occhi è spesso non avvertito eppure lungo il Naviglio ci sono ancora presenze importanti quali la Cassina de’ Pomm, il “Cantun Frecc” di via Tofane e via Bertelli, il Ponte vecchio in pietra della Piazza dei Piccoli Martiri di Gorla, il vecchio municipio di Gorla. Anche la “Riviera di Crescenzago” è spesso scordata, inglobata dal traffico di via Padova, e così il bel borgo di via Berra con la Chiesa di Santa Maria in Crescenzago (la basilica Rossa), Villa Lecchi e il vecchio Municipio di Crescenzago perdono la loro visibilità. Giusto per citare solo alcune di queste testimonianze. Eppure il naviglio scorre ancora a cielo aperto, custode autentico e vigile dei bei scorci degli antichi borghi.
Roberto Mura, della Cooperativa sociale onlus “Koiné”, ha parlato dell'”Eccellenza della tradizione a Chiaravalle“, il più monumentale dei borghi milanesi. L’abbazia è frutto di monaci innovativi che hanno saputo influenzare tutto il territorio milanese e gli altri borghi. Mura conferma il presupposto esposto da Bricchetti: l’abbazia è nata sulla Vettabbia, antico canale romano. Oggi è luogo di ritrovo per migliaia di persone, fra appassionati di storia, di arte. Il gruppo di Koiné ha iniziato l’attività nel 2009, quando è partito il restauro del mulino dell’abbazia. Sua mission è costituire un centro polifunzionale di eventi, centri studi e cura del territorio.
2. “Valore urbanistico del borgo”
Roberto Visigalli, della Fondazione Milano Policroma, ha introdotto la sezione “Il valore urbanistico del borgo”,approfondendo in particolare l’argomento “Negozi e servizi di prossimità all’Ortica”. Il borgo – spiega – vive se ci sono i servizi commerciali, ma i negozi purtroppo sono spariti. Il borgo sicuramente tiene viva l’identità del posto, ma anche grazie a un certo campanilismo, un certo senso di appartenenza. Visigalli ha evocato i profumi del borgo dell’Ortica, dove è nato e cresciuto: il pane sfornato, il tabacco nei bar, del pesce al mercato. I punti di riferimento: oratorio, santuario, i circoli, le osterie. Importanti le relazioni di vicinato, tendenzialmente non veniva mai chiusa la porta a nessuno. C’era la possibilità di acquistare a debito, oggi non più: importante la specializzazione del negoziante e il riposo settimanale la domenica, una forma di rispetto del lavoratore, che si è persa completamente e con questa l’idea della giornata di festa.
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Roberto Gariboldi,archivista della Certosa di Garegnano, è intervenuto su “I rapporti della cittadinanza con la Certosa di Garegnano”. Gariboldi ne ha ricostruito la storia. I residenti non abbienti, ha detto, “non lasciano tracce, per fortuna abbiamo i diari parrocchiali che qualcosa ci dicono”. Il rapporto col territorio non è sempre stato sereno: il cimitero Maggiore sorse su un terreno messo a disposizione dal comune di Musocco e con questo nome è passato alla storia, in realtà è territorio di Garegnano, dove c’era il bosco della Merlata sicuro rifugio di celebri banditi. La ragione grazie alla quale abbiamo una Certosa così bella è perché i monaci avevano espressamente chiesto a Giovanni Visconti, disposto a regalare loro dei terreni, un luogo fuori, lontano dalla città, dove inventare uno spazio. Il Visconti ha loro comprato tutte le terre fino a Musocco, Quarto Oggiaro, Vialba e oltre, regalandole poi ai certosini, casi irripetibili oggi. Il territorio era percorso da cinque fontanili appositamente scavati. Contratti coi contadini non onerosi, preferibilmente a famiglie fisse. Parroco elettivo dal 500 concesso da Carlo Borromeo. Gruppo Amici della Certosa che gestisce visite e attività.
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“Il senso di identità storica a Baggio” era il tema di Maurizio Mazzetti, direttore di un glorioso mensile locale, il Diciotto, diffuso nel Municipio 7, che è in sostanza il vecchio comune di Baggio (aumentato dei vecchi borghi uniti a Trenno e dei Corpi Santi Ovest), dove l’aggregazione a Milano non è mai stata accettata ed è sempre stato mal tollerato l’assorbimento. Baggio era un comune agricolo completamente accerchiato dai campi allagati di risaie e marcite, di fatto era come un’isola ben distante da Milano. Ha peraltro conservato la sagra di ottobre, dove passano tutti i residenti, un avvenimento considerato molto più importante del Sant’Ambrogio milanese. Fino a qualche decennio fa non si diceva mai vado in centro, ma “vado a Milano”. Baggio predilige da tempo la forma artistica pubblica su muro, per comunicare con i cittadini, ma non si tratta di murales, bensì di 37 ceramiche che ne riproducono la storia, partita dal monastero degli olivetani, oggi sede del Municipio 7, continuata con il campanile millenario, per arrivare all’ex istituto del Marchiondi.
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Riccardo Tammaro, della Fondazione Milano Policroma, ha parlato di “Urbanistica e socialità, come la prima influenza la seconda”, ossia su come dai borghi possano venire indicazioni per l’urbanistica odierna. Ebbene partono prima di tutto dalle abitazioni. Nel XIX secolo cambia il modo di costruite per i lavoratori, dove si conserva una certa dignità residenziale, totalmente persa con i quartieri dormitorio, inaugurati dallo stile littorio pesante. Tammaro ha portato l’esempio della cascina Monterobbio circondata da plattenbau, ossia lunghi edifici “a stecca”, da cui emerge che il moderno non ha cultura. Nel dopoguerra diventa protagonista l’architetto, che però esprime la propria costruzione sociale non quella collettiva. Non è più la collettività a lasciare il segno, ma l’archistar con la sua visione spettacolare, spessissimo avulsa dalle forme storiche del territorio. I grattacieli non evitano il consumo di suolo, sono solitamente delle torri eburnee, mentre al contrario le cascine, eccellenza collettiva, hanno costruito il borgo identitario. Oggi lasciamo cadere quelle abitazioni abbandonandole all’abusivismo, allo spaccio e al degrado che attira degrado. L’urbanistica sia non il prodotto dello sviluppo, ma sia costruzione di vita sociale. La cittadinanza non cessi di segnalare il degrado e di protestare.
3. “Recupero sociale dei borghi: domani”
Figino è un antico borgo che oggi si trova di fronte a un “borgo” di tipo nuovo: inutile negare che l’impatto c’è, anche perché i residenti sono poco aiutati. A parlare del “Rapporto fra borgo vecchio e borgo nuovo”, è Bruno Volpon,dell’Associazione il Giuscano. Gli abitanti hanno sempre considerato Figino più un paese che borgo. Milano, invece lo considera un luogo ideale per collocare megaservizi, tra: inceneritore, termovalorizzatore, depuratore, Tir provenienti dalla vicina uscita della Tangenziale, presenze “particolari” e, ora, nuova moschea. D’altro canto mancano totalmente servizi compensativi, è stata tolta perfino la biblioteca. Costruito il nuovo borgo, concepito come housing sociale, si è popolato di altre 700 persone a forte presenza di etnie diverse, con un impatto notevole sul vecchio borgo. I nuovi arrivati, “salvo qualche lodevole eccezione”, non hanno alcun senso della comunità, l’housing sociale in questo caso è un fallimento notevole, sebbene i cittadini organizzino molte iniziative durante l’anno. Vedi l’intervento integrale QUI.
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Sul “Ruolo della stampa locale per il recupero storico e sociale”, ha relazionato Stefano Ferri, direttore del mensile cartaceo “il SUD Milano” e della testata onlineilsudmilano.it. Ferri ha sottolineato il contributo fondamentale offerto dalla stampa locale nel compiere lo sforzo di raccontare la storia locale e difendere il territorio. Il mensile ha la fortuna di avere Riccardo Tammaro tra i suoi collaboratori. Importante far capire che una cascina non è un rudere, ma il segno della storia e quindi dell’anima di un territorio. Le testate de il SUD Milano, ha sottolineato Ferri, hanno anche un altro ruolo. Attraverso il racconto e l’informazione diffusa, lo scambio e la partecipazione contribuiscono a formare nuovi cicli identitari. In particolare operando su uno degli assi maggiormente problematici del concetto di identità sociale che è quello della dialettica affinità/diversità, “neutralizzando da una parte ideologie centripete che legittimano chiusura e autoreferenzialità e dall’altra favorendo relazioni e cura del territorio”.
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Cristina Cocilovo, di Milanosifastoria, ha spiegato “Un progetto per coinvolgere gli studenti delle scuole”. Un grande tema sul quale si basa il futuro del patrimonio milanese. In buona sostanza c’è da studiare un programma didattico per rendere partecipi i giovani in tema di conservazione del patrimonio culturale collettivo. Si sta cercando di coinvolgere le scuole per il prossimo anno. Obiettivo: portare la storia della città sulla didattica civica con il contributo degli storici locali di ABM. Fondamentale rapportarsi emozionalmente ai ragazzi, a cui in verità piace conoscere il posto dove sono nati. Non è vero che non sono interessati, come si pensa di solito.
Conclusioni
Ha chiuso brevemente il convegno Roberto Schena, presidente di ABM. Il tema dei borghi milanesi, ha detto, è ora ampiamente diffuso proprio grazie al Centenario che abbiamo fortemente contribuito a mettere in luce. Fino a pochi mesi fa si parlava solo di città verticale, oggi si parla più spesso di patrimonio storico-artistico da difendere nelle periferie, perché i borghi antichi sono nelle periferie e per il recupero di entrambi non si può prescindere da queste realtà. Il tema è ancora elitario, ma lo sarà sempre meno. Purtroppo, si è visto come a un secolo dalle aggregazioni degli 11 Comuni, l’istituzione dei Municipi non abbia sostituito le 11 amministrazioni aggregate con uguali possibilità di intervento. Molto è andato distrutto e disperso, molto c’è da recuperare.