SOMMARIO Furono diversi i tentativi di avvertire la città che stava perdendo un patrimonio storico-artistico preziosissimo, soprattutto nelle sempre più maltrattate periferie, proprio le zone più bisognose di conservare identità e cultura. Tra questi, spiccano i j’accuse di Raffaele Bagnoli (1908-1999) per tutti gli anni ’60 e ’70, unica voce nella scarsa consapevolezza generale dei valori storici delle nostre periferie. Contro il “saccheggio del suolo”, il messaggio ai posteri è: valorizzare il patrimonio considerato “minore”, ma che tale non è affatto proprio perché superstite
di Claudio Salsi*
Una premessa
Cade proprio nell’anno in cui scriviamo queste righe (2023) il centenario della nascita delle periferie milanesi, identificabili come i territori appartenenti agli undici borghi rurali – comuni suburbani autonomi – annessi alla grande città nel 1923 (fig. 1).
Tra le numerose iniziative sorte per ricordare e riflettere su un’importantissima tappa del processo di espansione dei confini fisici e amministrativi di Milano (fenomeno che ora tendiamo a identificare in termini perlopiù sfavorevoli con l’incontrollata e disordinata proliferazione edilizia e industriale e le problematiche sociali che spesso caratterizzano i quartieri sorti a partire dal secondo dopoguerra) ci sembra encomiabile la volontà, da parte di alcune associazioni milanesi, di mettere al centro della specifica ricorrenza un obiettivo eminentemente culturale. Parliamo di un progetto che promuove la salvaguardia di quanto sopravvive degli antichi borghi partendo dalla convinzione che il recupero di singoli edifici e di nuclei architettonicamente omogenei ancora in situ, aiuterebbe i cittadini dei quartieri milanesi, compresi i più svantaggiati, ad acquistare quella dignità che deriva dal vivere in un luogo caratterizzato da testimonianze identitarie e contribuirebbe anche a migliorare le caratteristiche urbane delle zone meno centrali e meno esteticamente qualificate.
Questa preoccupazione tiene presente sia il tema della globalizzazione di Milano intesa come costante attrazione di capitali interessati prevalentemente a investimenti immobiliari, in corso dal primo decennio di questo secolo, sia la realtà dei quartieri ancora in fase di rigenerazione urbana, così come non sottovaluta l’evidente tendenza alla trasformazione della città a vantaggio di ceti alti o altissimi e le relative ricadute a livello degli equilibri della vita associata. Non sfugge infatti l’esigenza da più parti evidenziata che la nostra città non perda, in un momento di accelerazione delle diseguaglianze economiche, quei tratti di coesione sociale che sono sempre stati una sua caratteristica peculiare (1). Riconoscere il valore del nostro passato rende più chiara la visione del futuro: ville suburbane, castelli, semplici case, mulini, chiese, oratori, abbazie e antiche cascine, se restaurati e valorizzati come beni culturali a tutti gli effetti, da riconvertire a nuove funzioni possibilmente pubbliche, favorirebbero il legame con un passato locale fatto di sapienti tecniche edilizie, dignità e armonia formale del costruito, cura costante della dimensione decorativa e infine di consuetudini abitative che nascevano dalla necessità di vivere in piccole comunità regolate dai ritmi dei lavori agricoli e artigianali (2). Nelle antiche pietre delle nostre città, afferma Mario Botta, “noi riconosciamo un substrato di memoria del quale abbiamo estrema necessità, perché inconsciamente abbiamo bisogno di riconoscerci in una storia, quella dei nostri progenitori […]. In una società come l’attuale, attraversata dalla globalizzazione, la ricerca dell’identità passa attraverso il senso di appartenenza a un territorio […] (3).
L’annessione dei borghi suburbani (1923) e voci critiche della cultura milanese
Sulla ricchezza delle testimonianze storiche e artistiche presenti in quei contesti limitrofi fa fede soprattutto la precoce Relazione della Commissione incaricata nel 1925 di segnalare i beni di rilevante pregio nell’ampio suburbio di Milano, condotta sotto l’egida della Società Storica Lombarda e per impulso dell’assessore all’edilizia comunale Cesare Chiodi (4). Il lavoro della Commissione è ancora oggi uno straordinario esempio di avanzatissima lungimiranza sul piano della tutela del territorio e la Relazione andrebbe letta attentamente da chiunque abbia responsabilità nel campo della pianificazione urbanistica. L’analisi che emerge già nella premessa è sintetizzabile sostanzialmente in tre osservazioni: i “monumenti” rilevati, dato sorprendente, sono numerosi (circa cento per difetto, dal XIV al XIX secolo, tra manieri, edifici di residenza, chiese e complessi ecclesiastici, oratori e cascine) nelle zone comprese tra le sei strade provinciali assunte come riferimenti topografici sommari; inoltre essi sono “ignorati o mal noti”, e infine appaiono in larga parte mal ridotti dal tempo e soprattutto dall’incuria degli uomini, ma degni di essere rispettati dai futuri piani regolatori. La Commissione auspica il loro recupero o restauro perché potranno costituire “un ornamento mirabile, unico della nuova Milano”. Prescindendo dai molti esempi e tralasciando le scoperte e le appassionate e minute descrizioni degli edifici e delle decorazioni più notevoli, notiamo che la Commissione non si limitava a censire siti e strutture, ma vivamente consigliava, come anticipato, di rivedere i piani regolatori anche già approvati, che una volta applicati avrebbero recato danno alla loro integrità se non alla loro stessa sopravvivenza. L’auspicio era che la nuova Milano sapesse frenare la “mania demolitrice” affinché i dintorni della città potessero ornarsi di residui parlanti dell’arte del Medioevo e del Rinascimento, ville di delizia, giardini, complessi rurali ma anche castelli, tra cui risalta l’antico castello visconteo nel borgo di Macconago, tra tutti particolarmente prestigioso e ancora suscettibile di un “conveniente restauro” (5).
In chiusura il rapporto della Commissione invoca l’intervento della Soprintendenza perché, sulla base dell’elenco, inoltri “sollecite notifiche” ai proprietari per esercitare un certo freno al degrado di tesori d’arte e di cultura nonché alla loro definitiva distruzione. Gli stessi concetti vengono ripresi da Otto Cima nella premessa alla Strenna dell’Istituto dei Rachitici per l’anno 1927 dal titolo, ahimè, già allora d’intonazione nostalgica: Tempo che fu (6).
Questo volume (fig. 2) presenta una rassegna di antiche costumanze locali, con ricche tavole fuori testo riproducenti luoghi di notevole interesse corrispondenti esattamente ai diversi monumenti di carattere storico e artistico presenti nei territori dei comuni annessi alla città di Milano, a suo tempo evidenziati nel prezioso lavoro della Commissione a cui l’autore fa esplicito riferimento, evidentemente a sottolineare la continuità di intenti con quell’importante documento. I soggetti sono illustrati da “monotipi” del pittore Giannino Grossi e perciò questo contributo rappresenta un vero e proprio compendio figurativo all’elenco dei siti curato dalla benemerita Commissione.
L’iniziativa dell’assessore Chiodi e della Società Storica Lombarda veniva indicata come fondamentale monito a conservare, restaurare e tutelare i beni degli antichi borghi “contro le insidie della speculazione e il dilagare dell’urbanesimo”. Di nuovo è ribadito il giudizio sconfortante secondo cui le “preziose gemme” che circondano Milano, degradate ad usi impropri o in abbandono, sono dalla maggioranza dei milanesi ignorate o dimenticate. L’autore conferma i torti del disordinato sviluppo urbanistico in atto dalla seconda metà dell’Ottocento e infine auspica che nel campo edilizio prevalgano le ragioni “dell’arte e della storia contro quelle del cieco utilitarismo”. Purtroppo, la sensibilità culturale cambia in una più tarda edizione della Strenna dei primi anni ’40, dal titolo Vecchia e nuova Milano (fig. 3).
Nella premessa si fa espresso riferimento ai mutamenti della città “ormai decisa a liberarsi del vecchio ciarpame accumulato nei secoli, a rinnovarsi, a ringiovanire”. Infatti, i contributi vertono in gran parte sui restauri di edifici monumentali ed aree prestigiose, ma anche sui pesanti abbattimenti nel centro storico, documentati, anche in questa occasione, dal pennello di Giannino Grossi, a beneficio della viabilità, dell’estetica e soprattutto della “modernità” in un susseguirsi di commenti non scevri da una manifesta retorica di regime, a cui evidentemente era difficile sottrarsi, anche da parte degli illustri e stimabili autori (7).
Il contributo di Raffaele Bagnoli e della Famiglia Meneghina: selezione bibliografica
Tra coloro che raccolsero più convintamente l’eredità ideale della Commissione del 1925 vi fu Raffaele Bagnoli (Milano, 23.7.1908-28.12.1999 – fig. 4).
Pubblicista informatissimo e scrittore straordinariamente erudito e prolifico, con la sua monumentale produzione saggistica dedicata alla città di Milano e ai dintorni (di lui si contano infatti moltissimi titoli tra libri e articoli), Bagnoli può essere considerato probabilmente la figura che in un lunghissimo lasso di tempo (dagli anni Trenta a buona parte degli anni Novanta del Novecento) ha saputo, con ammirabile assiduità e rara dovizia di dettagli, rappresentare la nostra città più efficacemente di tutti gli altri conoscitori della metropoli, ricorrendo sempre ad un linguaggio narrativo e didascalico, capace di intrattenere piacevolmente un vasto pubblico. Considerando la mole dei suoi scritti incentrati proprio sugli argomenti inquadrati in premessa, gli approfondimenti che seguono saranno perciò inevitabilmente lacunosi e limitati a rapidi accenni (8).
Bagnoli ha sistematicamente colmato quel grande vuoto nella conoscenza dei luoghi – i suoi scritti su Chiaravalle Milanese, ad esempio, datano senza discontinuità dal 1935 al 1987 – e delle tradizioni di Milano, dalle consuetudini più remote alle cronache di vita popolare ancora vive ai suoi tempi, lacuna che i più avvertiti critici, già nei primi anni ’20 del Novecento, come abbiamo visto, denunciavano come una delle più perniciose ragioni della scomparsa delle tangibili tracce storiche delle periferie milanesi. Vogliamo qui ricordare tuttavia anche precedenti e circostanziati contributi, sia in forma di censimento, sia di puntuale critica alla distruzione delle architetture antiche o comunque tradizionali, promossi tra Ottocento e Novecento da figure di primo piano dell’ambiente culturale milanese; basti ricordare tra queste la personalità di Luca Beltrami, architetto celebre soprattutto per la grandiosa impresa del restauro del Castello Sforzesco (9).
Emblematica a questo proposito è l’affermazione di Bagnoli, nella premessa al suo monumentale lavoro ricognitivo che lo ha visto percorrere ogni angolo della città e dei suburbi, Le strade di Milano (10), che rivela l’amarezza per la scomparsa del “volto antico della città”, di “tante cose belle abbattute per un criterio utilitario spinto al parossismo spesso dissennato” credendo “di sostituire certi palazzi storici, di cancellare certe vie caratteristiche, di abolire giardini, di costruire case e grattacieli antiestetici, sì che Milano, nata già brutta […] sta diventando ancora più brutta”, per concludere che esiste una distruzione subdola e tremenda “perché sorniona” messa in atto dai Milanesi stessi con la conseguenza che l’annientamento “delle memorie, dei monumenti, delle caratteristiche della città è diventata in questi anni quasi una frenesia”. Ma focalizziamoci sull’auspicio finale, quello riassuntivo dello scopo della sua impresa divulgativa sotto l’aspetto che a noi ora preme particolarmente mettere in risalto, e cioè la conoscenza della città e delle sue adiacenze; puntualizza l’autore: “abbiamo inteso […] raccogliere modestamente con impegno e costanza, memorie del passato, perché non vadano disperse o dimenticate […] saremmo lieti se questo nostro lavoro verrà a destare una scintilla di amore ed un sentimento di benevolo rispetto per le memorie di Milano” (11).
Raffaele Bagnoli ha collaborato con case editrici, quotidiani e periodici, trattando regolarmente argomenti attinenti a temi milanesi per la Famiglia Meneghina, e di questa prestigiosa istituzione culturale è stato Vice Resgiò per tutto il corso degli anni ’80. Nel 1984 venne realizzato, da Alessandro Gerli e dallo stesso Bagnoli, l’Album di famiglia, per celebrare i sessanta anni dell’associazione. Il rapporto tra Bagnoli e la Meneghina è stato ininterrotto e assai proficuo e ha prodotto oltre cinquanta lavori tra monografie e articoli di storia, costume, folklore apparsi in “Rassegna di vita milanese”, organo sociale della Famiglia Meneghina, pubblicato dal 1926 fino alla fine degli anni Ottanta sostanzialmente senza soluzione di continuità, eccezione fatta per un brevissimo momento negli anni di guerra, nonché nelle Strenne e negli Almanacchi. Questi suoi apporti hanno rappresentato un tributo di fondamentale importanza per la documentazione della storia di Milano, dei suoi sobborghi e degli antichi comuni rurali limitrofi fortunosamente sopravvissuti alle due grandi fasi dell’espansione amministrativa e edilizia che datano dal 1873 (annessione del Comune dei Corpi Santi) e, appunto, dal 1923.
Proprio per valorizzare aspetti poco noti, addirittura imprescindibili del circondario oltre le porte milanesi, nascono gli itinerari proposti in Passeggiate milanesi fuori porta, pubblicati in tre fasi in “Almanacco della Famiglia Meneghina”, nelle edizioni del 1965, 1966 e 1967. Nella presentazione al numero del 1965, illustrata con disegni di Luigi Curti (figg. 5-8), Severino Pagani, Resgiò della Famiglia Meneghina, consiglia vivamente ai Milanesi di “scoprire la periferia” e nell’edizione 1966 sempre nelle parole di Pagani riecheggia nuovamente l’invito ad apprendere o a ricordare, da parte del milanese d’oggi, la storia e le tradizioni dei territori vicini, borgate e luoghi ormai assimilati nel complesso cittadino (12).
I testi di Bagnoli confezionati per le Passeggiate, integrati da alcuni tra i saggi dell’autore su luoghi milanesi, furono riproposti alle soglie dell’ultimo decennio del secolo XX in una ricca monografia dal titolo Milano, itinerari fuori porta, illustrata con opere della Civica Raccolta delle Stampe “A. Bertarelli”. Alessandro Gerli nella prefazione sottolinea efficacemente come l’obiettivo dell’impresa consista ancora una volta nel presentare le caratteristiche di Milano perché sia conosciuta meglio e di conseguenza più amata, e perché sia possibile viverci da cittadini e non da ospiti. A quasi trent’anni dalla loro prima stesura i testi di Bagnoli mantengono il carattere di una testimonianza ancora fresca e preziosissima di un passato storicamente recente, ma talora già lontano per le trasformazioni urbane avvenute nel frattempo, alcune dolorosamente necessarie, precisa Gerli, altre topograficamente e socialmente fruttuose, altre infine “irrispettosamente distruttive” (13).
È giusto evidenziare a questo punto che già alla metà del ‘900 un’aperta e decisa difesa del territorio suburbano milanese qualificava sia l’Almanacco del 1949, sia quello del 1951. In Memorie cancellate dal volto della città (1949) Bagnoli, constatando che le offese belliche hanno “intaccato e distrutto vecchie e nobili costruzioni milanesi e dissolto antiche memorie già offuscate nel ricordo del popolo” e solo “vane voci di protesta si levano contro le distruzioni e le profanazioni dei monumenti di millenarie vicende” conclude con un’aspirazione: “scorci fugaci di questa Milano […] valgano almeno a richiamare maggiore attenzione e cura per la conservazione di tutti quei nostri ricordi che minacciano di scomparire se non sono salvati in tempo” (14). L’Almanacco del 1951 vuole offrire ricordi, rievocazioni e “moniti”, come sottolineava nella prefazione il Resgiò Severino Pagani. L’aspetto del monito veniva rilanciato con decisione ed esplicitato da Bagnoli nello scrupoloso articolo dal titolo Cascinali e antiche dimore villerecce (15). Il saggio, ricco di esempi e considerazioni storiche, è diretto alla “difesa delle dimenticate cascine classiche”, ossia quelle di origine quattrocentesca e cinquecentesca, ed è esemplato in larga parte sulla ricognizione compiuta dalla Commissione della Società Storica Lombarda un quarto di secolo prima, ripresentando anche qui varie tipologie di edifici in degrado o a rischio prossimo di demolizione. L’autore chiude con un invito esplicito ai custodi del nostro patrimonio ad assumersi l’impegno di provvedere alla sua conservazione, richiamando (come già nella Relazione del 1925, ricordiamolo nuovamente) l’amministrazione comunale a garantire l’applicazione di piani regolatori e a rispettare “gli avanzi” di una civiltà artistica che altrimenti finirebbe ingoiata dallo sviluppo metropolitano e dall’incuria dei proprietari.
Se Bagnoli adotta normalmente uno stile piacevolmente descrittivo con l’intento di invitare il pubblico dei suoi lettori a praticare quello che oggi definiremmo un tranquillo “turismo di prossimità”, lo scrittore dismette la vocazione al linguaggio intonato allo spazio del cuore e della memoria e all’approccio eminentemente storiografico assumendo invece un inedito, tagliente, piglio polemico in un articolo del 1974 impostato come reportage giornalistico di lucida denuncia fin dal titolo: Il saccheggio urbanistico alla periferia. Ristrutturazione di cascine del Comune (16). Qui non mancano espressioni come “politica di saccheggio del suolo”, “proliferare dell’abusivismo che ha sconvolto piani e sogni urbanistici di una periferia cittadina a misura d’uomo”, tutti fenomeni che si nascondevano dietro il fragile schermo del boom del ventennio 1950-1970 quando la “megalopoli del neocapitalismo ha infranto il suo mito di città guida accettando la sua progressiva distruzione”. Ma l’analisi è ancora più pungente laddove le cause dello scadimento delle politiche urbanistiche sono individuate nel “permissivo e sottile meccanismo ideato dai furbastri, interpreti e manipolatori delle varianti e delle convenzioni” per ottenere, mediante deroghe al piano regolatore del 1953 il permesso di costruire abusivamente violando “i diritti della città”, rapinando suolo destinato a verde, a vie e piazze, a opere pubbliche e di interesse sociale, vincolate e tutelate dal piano regolatore stesso.
Tralasciamo i dettagli di pura cronaca dove l’autore documenta il modo di eludere, da parte di gruppi immobiliari, i limiti ai volumi edificabili, la lotta per licenze edilizie (rilasciate a ritmo continuo), il giro di affari generato dal grande flusso di denaro e le speculazioni che proliferavano alla fine degli anni ’60, ma riprendiamo invece la critica di Bagnoli alla mancanza di un’organica politica del territorio in previsione dello sviluppo cittadino fino alla denuncia della carenza dei servizi e dell’edilizia popolare, di aree verdi pro-capite, enormemente inferiori alle prescrizioni di legge. Coraggiosa la definizione dei quartieri – dormitori, come “mostri urbani” ai margini della città che sono diventati una “periferia della periferia”. L’autore però sa volgere in strategia positiva anche questo genere di amare constatazioni quando invoca la reazione delle forze culturali e sociali della città e dei consigli di zona, strumenti preziosi per una “programmazione efficace e realistica delle necessità dei singoli quartieri”, propugna la nascita di parchi pubblici a ridosso di spazi tuttora agricoli come quelli alle spalle del borgo di Quarto Cagnino, o immagina una pianificazione urbana delle singole aree metropolitane nel quadro di una funzione specifica di servizio e di riequilibrio dell’intera superficie cittadina.
La sua onestà intellettuale gli fa riconoscere, pur in questo desolante panorama della mancata integrazione urbana delle nuove realtà abitative, quanto sia encomiabile l’iniziativa del Comune di Milano volta a recuperare alcuni cascinali abbandonati di proprietà civica situati alle estreme periferie (il progetto individua diciotto edifici su un complesso di quarantuno unità dislocate su ben 578 ettari) per riconvertirle ad un uso pubblico, culturale o ricreativo; il testo di Bagnoli ne commenta con precisione i pregi architettonici ancora apprezzabili. Molti di questi edifici saranno poi oggetto di accurate descrizioni nelle schede che compongono il volume Ville, castelli, cascinali in Lombardia. In campagna con i milanesi di ieri, Milano 1979 (fig. 9). Un brevissimo accenno, infine, all’opera Milano. Capitale morale d’Italia. Metropoli europea 1900-1950, curata da Bagnoli nel 1986 come strenna della Famiglia Meneghina (17). Tra le tantissime occasioni interessanti anche per la nostra analisi citiamo solo il punto in cui l’autore annota come dal 1860 al 1934 (Piano Regolatore Albertini) la massima parte dei vecchi edifici fosse stata sostituita da costruzioni “più consone alle esigenze di una popolazione in continuo incremento” e in rapporto al crescente spirito di impresa nell’industria e nel commercio. Sotto il Fascismo la conservazione dei monumenti comunque era stata depressa ed esautorati i poteri degli organismi di vigilanza comunali e statali.
Anche solo da questi spunti la collaborazione tra Raffaele Bagnoli e la Famiglia Meneghina emerge caratterizzata dall’impegno costante nel tempo nel far conoscere Milano e i suoi dintorni più prossimi. Entrambi, Bagnoli con la scrittura e l’Associazione con l’attività editoriale e organizzativa sul piano culturale, in un momento in cui non vi era alcuna consapevolezza dei valori storici delle nostre periferie (consapevolezza che anche oggi purtroppo stenta ad affermarsi), hanno operato in sinergia per un nobile fine presentandosi come un singolare quanto efficacissimo binomio, solidale nell’impresa di mettere in evidenza le cose notevoli di Milano nel modo più completo possibile e, aggiungiamo noi, con la conseguenza di poterle tutelare anche laddove si tratti di un patrimonio considerato impropriamente minore e perciò ancora sottratto ai vincoli e alle salvaguardie previsti dalle leggi nazionali di tutela.
* Università Cattolica del Sacro Cuore
Storia del disegno, dell’incisione e della grafica
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Associazione ABM (Antichi Borghi Milanesi)
Un vivo ringraziamento a Silvia Donghi per l’indispensabile collaborazione alla ricerca, a Roberta Cordani per il supporto, a Riccardo Tammaro per la consulenza toponomastica, a Walter Cherubini per gli aggiornamenti bibliografici, a Isabella Fiorentini e a Barbara Gariboldi dell’Archivio Storico Civico e infine al mio staff (Benedetta Gallizia di Vergano e Michele Stolfa).
NOTE
Un’anteprima di questo saggio è stata stata pubblicata sempre da questa testata QUI: https://iborghidimilano.it/2023/10/21/la-salvaguardia-delle-periferie-e-degli-antichi-borghi-dalla-relazione-del-1925-agli-scritti-di-r-bagnoli
1. Significativi alcuni interventi sulla stampa quotidiana: A. Balducci, Le diverse periferie, in “Corriere della Sera”, 22 novembre 2005; G. Schiavi, Milano e la corsa solitaria tra primati e disuguaglianze, in “Corriere…”, 30 settembre 2023; S. Mosca, intervista ad Alessandro Balducci, Dai libri alle città servono progetti dal basso, in “La Repubblica”, 11 novembre 2023; D. Di Vico, La “città-premium” non genera più coesione. Non buttare tre anni e M. Crippa, Solo privati e costruttori pensano in grande per una Milano grande, in “Il Foglio Quotidiano – GranMilano”, 23 novembre 2023.
2. Per un approfondimento retrospettivo e un inquadramento anche descrittivo dello stato attuale di questi territori, tra l’ampia bibliografia e sitografia specifica su località milanesi, si rimanda ai seguenti testi di carattere generale usciti negli ultimi decenni: L. Sarzi Amadè, Milano fuori di mano, Milano 1987; Fondazione Carlo Perini, Raccontare Milano oltre le mura e le porte storiche, Milano 2005; G. Pagani, Milano e i suoi borghi, Milano 2009; R. Tammaro, R. Visigalli, Antichi Borghi della periferia milanese, Milano 2015; C. Salsi, Cuccagna, Guzzafame, Mancapane e Mancatutto: bizzarri riferimenti ad abbondanza e miseria nei nomi delle antiche cascine milanesi e lombarde, in Il mito del Paese di Cuccagna: immagini a stampa dalla Raccolta Bertarelli, a cura di G. Mori e A. Perin, con la collaborazione di A. Milano e C. Salsi, Milano 2015, pp. 31-46; R. Schena, Milano, la città dei 70 borghi, prefazione di L. Scazzosi, Milano 2017; Idem, Milano, il patrimonio dimenticato. Borghi ducali, antiche cascine, arte, storie, vol. I, prefazione di R. Tammaro, Milano 2020; Idem, Milano, il patrimonio dimenticato. Borghi ducali, antiche cascine, arte, storie, vol. II, postfazione di L. Scazzosi, Milano 2021; E. Bricchetti Storia e storie degli antichi borghi milanesi, prefazione di W. Cherubini, Milano 2022; Almanacco milanese 2023 – Antichi Comuni Milanesi, Milano 2022; E. Bricchetti, A. Bricchetti, Corpi Santi. Storia e storie del Comune che circondava Milano, prefazione di W. Cherubini, Milano 2023; Cartoguida di Milano. Dai Borghi alla Città, dalla Città ai Quartieri, a cura di G. Taccola, Università di Milano-Bicocca, Comune di Milano – Milano è Memoria, progetto editoriale di Touring Club Italiano, Milano 2023; Dai borghi alla città. Storia e territorio di Milano dalle aggregazioni del 1873 e del 1923 a oggi, a cura di B. Bracco, prefazione di G. Sala, Milano 2023. Per una convincente riflessione e sintesi bibliografica sui processi di trasformazione della città, con particolare riguardo al tema dell’annessione del 1923, si veda G. Taccola, La “nuova Milano” tra Otto e Novecento. Patrimonio culturale e forme di una grande città, in Dai borghi alla città…, pp. 31-46. Come ultimo apporto si evidenzia il docufilm prodotto dal Comune di Milano dal titolo Dai borghi alla città, dalla città ai quartieri, 1923 – 2023. È il primo documentario sull’aggregazione degli undici Comuni esterni a Milano.
3. Si segnalano le interviste all’architetto Mario Botta di D. Montalto, Botta: “Ma riscopriamo anche le città”, in “Avvenire”, 16 luglio 2009 e di F. Amè, Vista da Mario Botta: il rischio di diventare città impersonale, in “Il Foglio…”, 30 novembre 2023.
4. Si veda al riguardo “Archivio Storico Lombardo. Giornale della Società Storica Lombarda”, Società Storica Lombarda. Relazione della Commissione incaricata di segnalare i monumenti di carattere storico e artistico esistenti nel territorio dei comuni annessi nel 1923 alla città di Milano, Anno LII – parte prima, dicembre 1925, serie 6, fasc. 3-4, pp. 464-496.
5. Come aggiornamento di cronaca comunichiamo che finalmente il castello, dopo accurati e sorvegliati restauri, è ora abitato stabilmente e occasionalmente aperto al pubblico; al contrario il borgo, che ne sarebbe il naturale contesto, è in totale abbandono.
6. O. Cima, Tempo che fu. Bozzetti milanesi con XX tavole fuori testo di Giannino Grossi, in “Strenna a beneficio del Pio Istituto Rachitici di Milano”, 1926-1927, pp. 5-6.
7. G. Grossi, G. Bascapè, L. Medici, U. Tegani, Vecchia e nuova Milano. Scorribanda in punta di penna e di pennello, in “Strenna a beneficio del Pio Istituto…”, 1941-1942, XX, p. 9.
8. Le tappe della sua attività si possono così riassumere: un ventennio nel reparto editoriale di “Vita e Pensiero” dell’Università Cattolica, a cui ha fatto seguito un biennio trascorso presso la Casa Editrice Carlo Marzorati ed infine ben cinque lustri, che rappresentano il periodo più fecondo della sua attività, trascorsi come dirigente a “Selezione dal Reader’s Digest”. L’interesse di Bagnoli per la storia, le tradizioni, la cultura e gli aspetti di Milano, si manifestano assai presto. Infatti, già nel 1927 era assiduo collaboratore di “Azione Giovanile”, settimanale della Gioventù Cattolica Milanese. Presto allargò l’orizzonte delle sue collaborazioni scrivendo per “Pro Famiglia”, settimanale illustrato stampato in rotocalco. Seguirono anni di collaborazione al “Popolo Lombardo”, al quotidiano cattolico “L’Italia”, a “Ragguaglio Librario”, mensile di segnalazioni bibliografiche, al “Cisalpino”, alla “Illustrazione vaticana” e ad altri periodici che mostravano un particolare interesse per la vita milanese. Nel 1935 pubblicava il primo libro, una monografia dedicata alla abbazia cistercense di Chiaravalle Milanese, alla quale hanno fatto seguito moltissimi lavori, tutti consacrati a Milano, apparsi nell’arco di mezzo secolo di attività storico-letteraria. Con la “Famiglia Meneghina” svolse un’attività ultra-quarantennale nel settore culturale e della stampa periodica. La Commissione dell’Ordine Nazionale Autori e Scrittori assegnò nel 1987 a Raffaele Bagnoli il Premio “Carlo Porta”, per l’impegno e la continuità delle sue numerose pubblicazioni che hanno contribuito ad arricchire il patrimonio culturale milanese. Per queste informazioni si ringraziano Alessandro Gerli e la Famiglia Meneghina.
9. Si vedano: C. Fumagalli, D. Santambrogio, L. Beltrami, Reminiscenze di storia e arte nel suburbio e nella città di Milano, 3 voll., Milano 1891-1892; U. Nebbia, Milano che sfugge: appunti, schizzi, istantanee, memorie d’arte della città dimenticata o moritura, Milano 1909.
10. R. Bagnoli, Le strade di Milano: storia della città attraverso la sua toponomastica, 4 voll., Milano 1971, opera premiata con medaglia d’oro dalla Provincia e dal Comune di Milano che ha conferito all’autore il diploma di “Cittadino Benemerito” per la sua attività di storico di Milano.
11. Idem, Le strade di Milano..cit., vol. I, Presentazione (s.n.)
12. S. Pagani, Presentazione, in R. Bagnoli, Passeggiate milanesi fuori porta, I. Da Porta Ticinese a Porta Volta, in “Almanacco della Famiglia Meneghina”, A. 1965, p. 4; S. Pagani, Presentazione, in R. Bagnoli, Passeggiate milanesi fuori porta, II. Da Porta Garibaldi a Porta Venezia, in “Almanacco…”, A. 1966, pp. 3-4; R. Bagnoli, Passeggiate milanesi fuori porta, III. Da Porta Venezia a Porta Vigentina e Ludovica, in “Almanacco …”, A. 1967, p. 34.
13. A. Gerli, Prefazione in R. Bagnoli, Milano, itinerari fuori porta, Strenna della Famiglia Meneghina, Segrate (Milano) 1990, p. 7.
14. R. Bagnoli, Memorie cancellate dal volto della città, in “Almanacco …”, A. 1949”, pp. 79-86.
15. In “Almanacco…”, A. 1951, pp. 97-102.
16. In “Famiglia Meneghina…”, gennaio, febbraio, marzo 1974, pp. 7-9.
17. Si vedano le pp. 126, 128, 139.