SOMMARIO Grande cascina al centro di due corsi d’acqua importanti: Naviglio Pavese e Lamber Merdarius (Lambro Meridionale), era la “capoluogo” di una rete di piccoli borghi rurali oggi in parte scomparsi (possiamo dire purtroppo?). Villa Monterobbio era una sua frazione. Probabilmente Moncucco era un Comune, prima di finire con i Corpi Santi nel 1782, abitato da pellettieri, lavandai e molti operai. Fu acquistata dal Comune per aiutare gli agricoltori e creare grandi parchi pubblici. Sembra incredibile, ma erano gli anni Sessanta Oggi è uno studentato dello Iulm
A cura della Fondazione Milano Policroma – Testo: Riccardo Tammaro
Nella zona sud di Milano, appena a ovest del Naviglio Pavese, si trovano due cascine che testimoniano un passato in cui facevano parte dello stesso borgo di Moncucco; l’una è la cascina omonima, mentre l’altra, di nome Monterobbio, di cui abbiamo già trattato, vedi QUI, era di fatto una frazione a sud dell’altra e la sua appartenenza al borgo di Moncucco viene evidenziata dal suo indirizzo originario, via Moncucco 51, ora mutato in via San Paolino 5: detta strada, come d’abitudine a Milano, prendeva infatti il nome dalla sua destinazione.
Moncucco molto probabilmente prima di fare parte dei Corpi Santi, istituiti nel 1782, era Comune, purtroppo i documenti a riguardo o mancano o scarseggiano.
Il borgo di Moncucco (“rialzo tondeggiante”, da mons cucus) era nei Corpi Santi di Porta Ticinese: composto da pochi cascinali a corte chiusa, nel 1787 unitamente a Monterobbio era di proprietà di Francesco Muzio e in seguito fu abitato da pellettieri, lavandai e molti operai. Ancora oggi è possibile ripercorrere (in alcuni casi solo con la fantasia) il tragitto dell’antica strada che vi conduceva, alcuni spezzoni della quale sussistono tuttora.
Il percorso della mappa
Ricostruzione della mappa che legava un gruppo di antiche, grandi cascine tra loro
La strada partiva dall’Alzaia Naviglio Pavese all’altezza della Conchetta, perpendicolarmente al corso d’acqua, di fronte al ponte che proviene dalla via omonima: oggi lì troviamo via Darwin. Dopo pochi passi nei secoli passati saremmo giunti alle cascine Buonpero di sopra e di sotto, oggi scomparse, per poi piegare verso sud (odierna via Lecchi) e poi ancora verso sud-ovest, fino a rasentare il lato est dell’odierna piazza Belfanti, dove un tempo sorgeva la storica Osteria del Praticello e quindi svoltare subito dopo ad angolo retto verso nord-ovest, a raggiungere la cascina Moncucchetto: questa si trovava nei pressi dell’attuale stazione Romolo, nella zona di via Imperia, e il tracciato di questo tratto di via era percorribile almeno fino agli anni ’60 del XX secolo.
Ancora qualche decina di metri e avremmo svoltato a sinistra, in direzione sud-ovest, per giungere al Molino Ceresa, che era alimentato dalla roggia detta Magolfa o meglio Boniforti (nome più corretto), la cui esistenza risale al tempo dei Romani, quando fungeva da scolmatore delle fogne cittadine che uscivano dall’attuale via Torino, fino ad immettersi (come oggi del resto) nel Lamber Merdarius o Morto, l’attuale Lambro Meridionale. A questo tratto di strada (via Moncucco dal civico 20 in avanti) si può accedere ora tramite il parco in fondo a via Rimini: tra gli antichi stabili, al civico 20 si trova ancora il citato Mulino Ceresa, sito sul lato ovest della strada, sottoposto ad accurato restauro e adibito a usi diversi.
Sezione della mappa del Claricio (1600) in cui è menzionato Moncucco
Poco più a sud, al civico 31, avremmo incontrato (e anche qui c’è una testimonianza ben conservata) la cascina Moncucco: l’impianto planimetrico della cascina è quello tipico a corte, stavolta trapezoidale per aderire ai tracciati preesistenti, mentre al di là della via si trovava un mulino, ora scomparso, che si avvaleva per il suo funzionamento della stessa roggia Boniforti; il complesso compare nella carta seicentesca del Claricio come Monchucco e nel settecentesco Catasto Teresiano è già riconoscibile la forma della corte; nel catasto ottocentesco, infine, rispetto alla forma attuale mancano solo i rustici a sud, mentre il lato est è occupato dalla lunga stalla-fienile.
La cascina è stata acquistata nel 1967 dal Comune di Milano ed è rimasta per un po’ agricola. Infatti, sembrerà incredibile, ma negli anni Sessanta il Comune acquistava cascine e terreni al loro fianco per aiutare gli agricoltori e creare grandi parchi pubblici (per esempio i parchi Forlanini e Lambro sono stati fatti con questi criteri). L’edificio ovest ospitava le abitazioni e una trattoria, chiusa negli anni Settanta; a nord erano un deposito per gli attrezzi e un pollaio; ad est era confermato l’uso a stalla e fienile e il corpo sud, infine, ospitava un’abitazione, il granaio, il fienile, il porcile e piccole rimesse. Il complesso, restaurato nel 2015 a cura dello IULM, è ora una residenza per studenti.
Molino Ceresa ristrutturato
Dopo aver fiancheggiato la roggia Boniforti fino alla cascina Moncucco, la strada, poi, una volta giunta a Monterobbio, si sdoppiava: una diramazione conduceva a cascina Fonteggio e l’altra a Cascina Sant’Ambrogio e al Mulino Folla Sant’ Ambrogio, oggi tutti scomparsi per via della costruzione del Quartiere Sant’Ambrogio (1964-65) che da essi ha preso il nome. Le due località di Monterobbio e Fonteggio (oggi chiamata erroneamente Chiesa Rossa) erano collegate anche tramite una galleria sotterranea, che venne chiusa quando fu costruito il Naviglio Pavese; infatti, pare che anticamente entrambe le località ospitassero un monastero, e per certo erano di proprietà delle monache di Fonteggio.
Cascina Moncucco, vista da nord, prima della ristrutturazione [R. Tammaro]cascina Moncucco (non il Mulino Ceresa) prima della ristrutturazione, vista da nord.
La strada che le congiungeva scorreva al fianco della cosiddetta Foppa (o Fossa) Regina: il nome deriverebbe da una leggenda secondo cui una regina, passando in carrozza, avrebbe tentato di investire un prete, ma per un intervento soprannaturale sarebbe sprofondata, dando appunto origine alla risorgiva, che si trova poco a nord di Monterobbio; il corso d’acqua prosegue poi, sottopassando il Naviglio Pavese, fino a Fonteggio, via dei Missaglia e si perde nelle campagne.