SOMMARIO L’imperatore d’Austria Giuseppe II fu un grande illuminista ma quando decise di sciogliere gli ordini monastici, tra cui i certosini, per impossessarsi dei loro beni, combinò un autentico disastro economico-sociale, qui a Garegnano e, per analogia, ovunque si sia applicato il decreto. Iniziò un lungo periodo di decadenza che privò il territorio di una eccellente amministrazione. Lo spiega uno studioso serio come Roberto Gariboldi in questo articolo di analisi delle conseguenze
di Roberto Gariboldi
Il problema della criminalità, della quale abbiamo parlato in occasione dell’accenno al Bosco della Merlata, rimane un grosso problema che attraversa le diverse epoche, con forte crescita in occasione di guerre, carestie ed epidemie e con minor pressione nelle rare epoche di pace e benessere. Anche la Certosa di Milano nella notte del 23 aprile 1449 venne assalita da briganti che fecero razzia di suppellettili sacre e di quanto riuscirono ad impossessarsi. Bisogna tener comunque presente che molto spesso si trattava di crimini dettati dalla miseria, specialmente nelle campagne.
Nella lista dei banditi del 1763 si segnalano ben 1.132 nominativi di ricercati. I governanti austriaci, subentrati agli spagnoli, cercarono di porre un argine a questa situazione che creava un forte senso di insicurezza in tutta la popolazione. Furono emanate nuove disposizioni e leggi: per esempio si impose a tutti i proprietari di terreni che confinavano con strade pubbliche di abbattere gli alberi per la profondità di trentasei braccia, vennero aumentate le preture, costruite nuove case “di correzione” e nel 1749 fu istituto un organismo denominato “commissario di campagna” con ampie facoltà d’azione. Il funzionario preposto aveva il compito di intervenire nelle località dove si presentavano casi di brigantaggio e disponeva di venti fanti, un carnefice, un notaio criminale, un confessore e tre servitori. Il fenomeno della malavita continuò anche nel XIX secolo. Nell’archivio parrocchiale della Certosa si trovano documenti a questo riguardo.
La soppressione del monastero certosino, avvenuta per volontà dell’imperatore austriaco Giuseppe II nel 1782, portò all’allontanamento dei monaci, tutti i beni della Certosa (terre, suppellettili, biblioteca e quanto era rimovibile) vennero messi all’asta, le terre vennero vendute in gran parte al conte Kevenhuller, funzionario austriaco, e ai nobili Della Tela, il grande chiostro divenne deposito di polvere da sparo e la ex chiesa monastica nel 1783 fu affidata al parroco di Garegnano, don Filippo Premoli, come sede della parrocchiale, in sostituzione della chiesa che si trovava nel borgo di Garegnano in cattive condizioni.
La vita a Garegnano continuò come prima, anche se con “nuovi padroni”, in quanto le terre passarono ad una gestione diretta dei nuovi proprietari, esautorando le famiglie che, qualche volta, per secoli avevano gestito quelle terre per conto dei certosini. Questo fatto creò non poco disagio tra la popolazione, abituata ad una conduzione che li vedeva praticamente come affittuari e quindi godere di una certa libertà di gestione, avendo solo l’onere di pagare un affitto in denaro o in prodotti agricoli.
Questo fatto, unito alla paura della popolazione legata all’installazione della polveriera nel chiostro dell’ex Certosa, portò ad una notevole riduzione degli abitanti del borgo di Garegnano che in poco tempo perse circa il 20% della popolazione, mettendo in difficoltà i nuovi proprietari che non avevano così sufficiente mano d’opera per coltivare i terreni appena affittati o acquistati. Le loro proteste presso il governo austriaco, per queste difficoltà, non ottennero particolari risultati.
Nel 1796-97, dopo la campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte, il potere passò nelle mani dei Francesi. In base alla legge 26 marzo 1798, con la quale si organizzava il territorio del dipartimento d’Olona (legge 6 germinale anno VI) il comune di Garegnano Marcido, con la frazione di Garegnano Corbellaro, venne inserito nel distretto di Baggio. Anche in seguito alla successiva legge del 26 settembre 1798 di ripartizione territoriale dei dipartimenti d’Olona, Alto Po, Serio e Mincio (legge 5 vendemmiale anno VII), Garegnano Marcido rimase in quello d’Olona, compreso nel distretto di Rho. Il comune, in forza della legge 13 maggio 1801 di ripartizione territoriale della Repubblica Cisalpina (legge 23 fiorile anno IX), venne poi incluso nel distretto I del dipartimento d’Olona, con capoluogo Milano.
In molti documenti ufficiali stilati dai parroci tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, si insiste spesso sulla povertà della popolazione: al bilancio della parrocchia di Garegnano del 1788, il parroco don Angelo Giuseppe Magni aggiunge, di suo pugno, la seguente postilla: “E’ d’avvertirsi che non si è fatta questua fuori di Chiesa attesa la miserabilità dl popolo”. Dello stesso tenore sono le dichiarazioni degli altri parroci della Pieve di Trenno nelle relazioni inviate al governo in risposta all’inchiesta emanata con decreto del 22 maggio 1805.
Con l’attivazione del compartimento territoriale del Regno d’Italia (decreto 8 giugno 1805) Garegnano Marcido restò nel distretto I di Milano, inserito nel cantone VI come comune di III classe: contava 291 abitanti. Nel 1808 venne soppresso e incluso nel circondario esterno del Comune di Milano (decreto 8 febbraio 1808). Qualche anno dopo il ritorno degli austriaci, in data 12 febbraio 1816, Garegnano venne ricostituito in comune e il suo territorio inserito nel distretto III di Bollate della provincia di Milano.
CONDIZIONI SANITARIE, SOCIALI, DEMOGRAFICE
Dal punto di vista sanitario la situazione era problematica come in tutte le campagne dell’epoca, nonostante la vicinanza a Milano, che restava il solo punto di riferimento per qualsiasi necessità relativa alla salute pubblica. Dopo le terribili epidemie di peste del 1587 e del 1630, si erano presentate ciclicamente altre malattie contagiose come tifo, vaiolo e colera che colpirono la Lombardia sino alla fine del XIX secolo.
Nella prima metà del XIX secolo si ebbero diversi casi di colera: il più pesante fu quello che imperversò negli anni 1835-1837. Nell’archivio parrocchiale sono conservate numerose circolari emanate dalle autorità austriache al riguardo, dove si danno istruzioni su come ci si deve comportare in occasione di epidemie.
Nella citata Corografia dell’Italia edita nel 1833, così si diceva sotto la voce Garegnano: “… Questo villaggio unitamente ai molti casali che gli stanno dintorno conta nulla più di 760 abitanti. I prati a marcita che lo circondano, nel farvi lussureggiare l’erba anche nel fitto inverno, rendono l’aere non troppo sano. Il villaggio stesso chiamasi Garegnano Marcido; esso poi forma una sola comunità con Salanuova; ha però la propria chiesa parrocchiale, ed è quella stessa che apparteneva al soppresso cenobio de’ Certosini…”.
Nel 1850 nel distretto di Bollate, dal quale dipendeva allora anche il territorio di Garegnano, agivano solo cinque medici condotti. L’incaricato della nostra zona era il dottor Francesco Cerrina che risiedeva a Trenno e si doveva occupare delle seguenti località: Boldinasco, Figino, Garegnano, Lampugnano, Quarto Cagnino, Quinto Romano, Caldera, Villapizzone e Trenno.
La levatrice di zona risiedeva presso la Cascina Colombara e si chiamava Carolina Rizzi, che esercitò questa importante professione dal 1852 al 1877. Il territorio di sua competenza era quello della parrocchia, allora notevolmente vasto.
Intenso era anche il rapporto con la Pia Casa degli esposti di Santa Caterina alla ruota, che si occupava di ospitare i neonati abbandonati. La piaga dei figli illegittimi e in sovrannumero era molto presente nelle campagne, e Garegnano non faceva eccezione. Nell’archivio parrocchiale della Certosa si conservano numerose carte che riguardano i rapporti della parrocchia con questa istituzione.
Terza parte – Fine –